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Attività

La “crescita verde”: quali opportunità per l’Italia?

    • Milano
    • 28 Novembre 2011

          Trasformare il vincolo in opportunità e fare della green economy il pilastro di un nuovo paradigma di sviluppo più sostenibile e duraturo: questo l’ obiettivo più importante emerso dalla discussione. Negli ultimi anni, in particolare sull’onda lunga degli effetti della crisi economica e finanziaria peggiore della storia recente, in tutto il mondo si è iniziato a trattare la “variabile ambientale” non più come una possibile limitazione alla libertà d’impresa, ma in un’ottica più complessiva di rilancio della crescita, sostegno alla domanda interna, immissione nel sistema produttivo di elementi ad alto valore aggiunto, sul versante dell’innovazione tecnologica come pure in termini di generazione di nuova occupazione di qualità.

          A questa trasformazione del concetto stesso di “crescita verde”, manifestatasi nel dibattito specialistico e tra gli operatori economici, si è accompagnata un’evoluzione della percezione dei temi in questione da parte delle opinioni pubbliche. Dinanzi al mutamento degli orientamenti dei cittadini-consumatori (e alla loro non più infrequente trasformazione in “produttori verdi”), il sistema delle imprese e i decisori pubblici sono chiamati a un’inevitabile e rapida evoluzione delle strategie aziendali, degli interventi di politica economica ed energetica, delle opzioni amministrative per tutto ciò che concerne l’innovazione, la produzione e la distribuzione di beni e servizi legati alla cosiddettaecologia industriale”. Si tratta, a ben vedere, di una dinamica che, in parallelo alle tendenze microeconomiche, investe anche e soprattutto le scelte macroeconomiche dei principali attori della comunità internazionale: basti pensare, in tal senso, alla grande scommessa lasciata sulla green economy dall’America di Obama subito dopo lo scoppio della crisi mondiale, alla strategia 20-20-20 dell’Unione europea e al suo imminente aggiornamento o, da ultimo, alla virata in direzione della “crescita verde” da parte del colosso cinese.

          Sullo sfondo di questa rivoluzione globale – da molti osservatori giudicata come “epocale” – in Italia le prospettive della green economy presentano un quadro connotato da luci e da ombre.  Incidono in negativo, com’è noto, lo stato cronico di dipendenza energetica del Paese, l’assenza negli ultimi anni di una strategia nazionale di medio-lungo termine improntata alla selettività e all’innovazione, la mancanza di un raccordo sistematico tra ricerca e impresa, l’incertezza del framework normativo e regolamentare. Ciononostante – e a dispetto di un utilizzo degli incentivi pubblici troppo spesso farraginoso, dagli effetti distorsivi sul mercato e soprattutto non più sostenibile in considerazione dello stato della finanza pubblica – il sistema imprenditoriale italiano già oggi risulta competitivo e prevalentemente ben posizionato per cogliere le opportunità fornite dalla “crescita verde”. Nel solo 2010, l’avanzo commerciale è stato pari a 2,3 miliardi di euro nel settore delle rinnovabili e a 1,3 miliardi di euro in quello dell’efficienza energetica. Complessivamente, inoltre, le imprese italiane che hanno investito nella green economy, pur in una fase di forte difficoltà del sistema produttivo, hanno fatto riscontrare una maggiore propensione all’export e sono state in grado di guadagnare quote di mercato, ad esempio, nel bacino del Mediterraneo o in Medio Oriente.

          A fronte di questi progressi, tuttavia, molto naturalmente ancora c’è da fare, anzitutto in termini di approccio alla questione. Manca, infatti, una piena consapevolezza della multidimensionalità della questione, spesso limitata, nel dibattito pubblico, ai soli ambiti delle rinnovabili, dell’efficienza e del risparmio energetico, quando invece il potenziale trasversale di innovazione e di aumento del PIL insito nella “crescita verde” potrebbe avere ulteriori effetti benefici in numerosi altri settori ancora non sufficientemente esplorati: dalla mobilità sostenibile all’edilizia pubblica e privata, dal turismo all’agro-alimentare, dall’industria manifatturiera all’alta o altissima tecnologia, fino alla pubblica amministrazione (Green Public Procurement).

          Fondamentali risultano, in questa prospettiva, la crescita e la valorizzazione sia del capitale umano impiegato nei settori protagonisti della green economy – prevalentemente meglio formato e caratterizzato da livelli occupazionali più stabili e di qualità – sia soprattutto del capitale sociale, in termini di maggiore consapevolezza e partecipazione a processi che, in definitiva, riguardano direttamente l’elaborazione di un modello di crescita e benessere improntato alla costruzione del futuro dell’intera comunità nazionale.