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Il destino dell’Europa: le priorità della sicurezza e della difesa

  • Roma
  • 10 Aprile 2024

        I rapidi e vasti mutamenti in corso nel sistema globale impongono, per un Paese come l’Italia, uno sforzo più ampio ed efficace anche nel settore della difesa, in chiave sia di capacità nazionali sia di assetti integrati con gli alleati più stretti. Si tratta una tendenza ormai conclamata da molti anni, che finora è stata gravemente sottovalutata, anche dai partner europei; riguarda in modo diretto i vitali interessi economici di Paesi fortemente interdipendenti con il commercio estero, richiedendo dunque una chiara sinergia tra settori di azione diversi che comprendono anche gli strumenti militari. La deterrenza – che va propriamente intesa come la migliore possibile “difesa della pace” – è assolutamente cruciale al fine di rendere sostenibile l’intero modello sociale e politico europeo, il che pone una delicatissima questione di comunicazione con l’opinione pubblica. Del resto, il consenso politico è una precondizione per rendere i sistemi-Paese resilienti a fronte di crisi ricorrenti e variegate, in cui una componente rilevante è quella della “tenuta” sociale.

        In tale ottica, una questione più tecnica, ma assai rilevante per il futuro della difesa europea, è quella delle regole del Patto di Stabilità che andranno riviste e valutate attentamente per renderle compatibili con il consolidamento dell’industria della difesa continentale. Si tratterebbe di un primo passo verso l’aggregazione delle risorse e la messa in comune degli sforzi per razionalizzare domanda e offerta, e dunque gli investimenti.

        Si presenta come decisivo anche il fattore-tempo: gli investimenti nella difesa, soprattutto per la componente degli armamenti e delle reti a più alta tecnologia, hanno un orizzonte temporale medio-lungo e dunque non possono essere attivati soltanto nel momento di una crisi acuta. Ciò a sua volta presuppone un consenso ampio e continuativo che vada oltre i cicli elettorali e le maggioranze politiche contingenti, a fronte di una spinta sistematica da parte di forze esterne e ostili verso la manipolazione del dibattito pubblico – il maggiore vantaggio comparato dei regimi autocratici rispetto alle democrazie liberali.

        Quanto alla dimensione europea integrata, si deve ricordare che esistono già le basi istituzionali e organizzative per uno stretto coordinamento tra i Paesi-membri, ma certamente non sono ancora stati compiuti alcuni passi decisivi per passare dalle ambizioni generali e dagli impegni non vincolanti a una vera condivisione di risorse, sistemi d’arma complessi e meccanismi decisionali. In parallelo, le procedure NATO forniscono una piattaforma comune ampiamente sperimentata che non è necessario sostituire o duplicare. In questa prospettiva sarà importante un estremo pragmatismo per massimizzare le capacità disponibili e sviluppare quelle al momento carenti.

        Oltre al consenso popolare e alle basi industriali, sarà necessario, poi, condividere una strategia per convogliare gli sforzi in una direzione che, secondo alcuni, si dovrebbe meglio definire di difesa collettiva, se non necessariamente integrata – facilitando così la partecipazione di partner come la Gran Bretagna e il raccordo con gli Stati Uniti e gli altri Paesi NATO. Un punto di partenza in questa direzione è comunque il rispetto di un elementare criterio di fondo: la piena compatibilità di ogni azione di politica estera con gli accordi già in essere sulle linee-guida della politica di sicurezza europea. In altre parole, è cruciale quantomeno che i governi nazionali non si muovano sul piano internazionale in contrasto con gli obiettivi generali fissati congiuntamente a livello europeo, pena una grave perdita di credibilità e peso negoziale globale.

        Il dibattito rimane aperto sulle specifiche priorità in termini di acquisizione di sistemi d’arma, munizionamento, forme di addestramento: vi sono infatti posizioni diverse sulla valenza della guerra in corso tra Russia e Ucraina come “modello” di crisi future, come anche sulla sostenibilità del sostegno occidentale a Kiev, da cui dipende direttamente la capacità ucraina di difendere la propria indipendenza e limitare le perdite territoriali. La discussione generale sulle politiche di difesa si intreccia, quindi, inevitabilmente con le scelte diplomatiche e strategiche più contingenti rispetto ai conflitti in corso.