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Attività

Agenda digitale e sistema finanziario

    • Roma
    • 28 Novembre 2013

          L’industria ICT caratterizza e definisce l’epoca che stiamo vivendo. La diffusione delle tecnologie digitali è fonte di una forte discontinuità nel sistema economico, forse non ancora appieno compresa. I profondi ed articolati mutamenti che ne derivano in una pluralità di ambiti sono spesso vissuti come una minaccia in Italia, per via degli effetti dirompenti che essi hanno sullo status quo, sui centri di potere, sugli assetti organizzativi esistenti e sull’occupazione. Eppure il potenziale trasformativo espresso dalla digitalizzazione costituisce un’enorme opportunità, che è necessario non soltanto cogliere, ma cogliere il più rapidamente possibile.

          La leva digitale è l’unica che può stimolare l’investimento e favorire il rinnovamento del Paese senza comportare spese a carico della finanza pubblica, che piuttosto può trarre vantaggio da significativi risparmi. La creazione di un ecosistema digitale crea più posti di lavoro di quanti ne distrugga (una stima individua in 2 a 5 il rapporto fra posti di lavoro distrutti e posti di lavoro creati). L’e-commerce e la diffusione della stampa 3D, ad esempio, aprono opportunità per il rinnovamento di attività che sono parte della tradizione italiana come le attività artigianali e che, in prospettiva, se adeguatamente integrate nei processi digitali, possono essere motore di sviluppo locale.

          L’Italia ha accumulato finora un forte ritardo, sia sotto il profilo culturale che infrastrutturale. Tuttavia, se si guarda ai dati di flusso, piuttosto che ai dati di stock, si scorge una dinamica che, a partire da un avvio lento, sta mostrando invece più recentemente una fase di accelerazione. Il sistema finanziario può svolgere un ruolo fondamentale nel favorire ulteriormente questa accelerazione sia contribuendo alla digitalizzazione del paese che sostenendo l’investimento nel settore ICT.

          Il settore bancario esprime una domanda di soluzioni ICT che richiedono standard interoperabili ed elevati livelli di sicurezza e fornisce ai clienti servizi digitali sempre più evoluti (home banking, digital payment, consulenza finanziaria specializzata in remoto e così via). Esso contribuisce, dunque, ad aumentare il valore d’uso degli strumenti informatici percepito dai clienti, e, quindi, a mitigare alcune delle resistenze culturali che frenano lo sviluppo digitale. Ma vi è di più. Gli strumenti digitali sono in grado di reinventare completamente la relazione banca/cliente, ad esempio attraverso nuove forme di segmentazione della clientela. I dati rivelati dai clienti sul cloud, interpretati con il ricorso a tecnologie semantiche, e quindi gli elevati livelli di trasparenza ottenibili con la digitalizzazione, potrebbero consentire di trasformare le modalità di valutazione del rischio ed erogazione del credito, realizzando radicali mutamenti negli assetti organizzativi, a beneficio tanto delle banche quanto dei clienti.

          Il settore bancario sta mostrando consapevolezza delle trasformazioni in atto e della necessità di investire nella digitalizzazione. Perché tali trasformazioni possano pienamente realizzarsi è tuttavia necessario sciogliere alcuni nodi cruciali, e in particolare assicurare la disponibilità di adeguate infrastrutture e migliorare il grado di fiducia degli utenti negli strumenti informatici. Nuove tecnologie di autenticazione, software in grado di contrastare i furti di identità con attacchi da remoto ed altre tecnologie sviluppate per potenziare la sicurezza delle transazioni via internet possono elevare il livello di fiducia. Soluzioni normative adeguate rimangono necessarie per quanto riguarda i temi dell’identità elettronica e della privacy, al momento governate da dinamiche che sfuggono alla regolazione nazionale: sono i decisori politici ad essere chiamati ad un’assunzione di responsabilità compiendo scelte adeguate allo sviluppo infrastrutturale e la diffusione di servizi digitali su larga scala nella PA.

          Il sistema finanziario svolge un ruolo cruciale nel facilitare la nascita e la crescita di imprese innovative nel settore ICT. L’ecosistema delle start-up richiede, infatti, logiche di finanziamento diverse dal modello bancario e nuovi modelli di finanziamento che integrino i modelli bancari tradizionali. Queste nuove logiche e questi nuovi modelli si sono affermati con fatica in Europa che, sotto questo profilo, mostra un forte ritardo rispetto agli Stati Uniti. La scarsa diffusione del venture capital, insieme all’assenza di grandi imprese in grado di sfruttare il potenziale di R&S a basso costo offerto dalle start up è all’origine del fatto che la storia aziendale delle start up ICT che nascono in Italia si scrive troppo spesso all’estero. Molto può essere fatto per facilitare le acquisizioni e le IPO di start up ICT e, per questa via, trattenere in Italia un capitale umano che può costituire un volano per lo sviluppo del Paese.