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Attività

Sfide e opportunità per una società che cambia: più vecchi, più saggi, più sani

    • Venezia
    • 12 Luglio 2013

          L’invecchiamento della popolazione, processo graduale ma inesorabile, ha effetti profondi sulla struttura demografica ed economica delle nostre società. Le previsioni parlano chiaro. In tutti i paesi sviluppati e in particolare in Italia, in Giappone e in Germania, il peso relativo della popolazione anziana sulla popolazione totale sta aumentando in modo considerevole. In Italia, ad esempio, dove l’aspettativa di vita raggiunge gli 82 anni (era 65 nel 1950), il peso della popolazione over 65 rappresenta il 20% sul totale (contro una media europea del 15%) e crescerà tra venti anni fino a sfiorare circa un terzo della popolazione. Mentre la componente tra 20 e 54 anni calerà da quasi il 50% al 38% nel 2060. Il problema principale non sta solo nel fatto di avere in proporzione meno giovani attivi e più anziani inattivi, ma anche nelle condizioni di salute che si sperimenteranno in vecchiaia. In particolare le previsioni ci dicono che fra 30 anni un italiano su 10 non sarà autosufficiente a causa della crescente incidenza di patologie croniche. E questo pone sfide non rimandabili in termini di sostenibilità dello stato sociale.

          La spesa per welfare in Italia è oggi in linea con quella europea (circa 30% del Pil) ma è strutturata male in quanto il 60% va alla vecchiaia contro il 45% del resto della UE. Solo il 4,6% va a famiglia, maternità e infanzia contro l’8% della media europea e  solo il 3% alla disoccupazione contro il 6% europeo.  Il problema non è tanto spostare l’età del pensionamento in avanti, cosa che è già stata fatta dalle riforme attuate in Italia in varie ondate negli ultimi anni e che hanno riportato il sistema in equilibrio finanziario, quanto piuttosto migliorare il tasso di attività in età matura nonché lo stato di salute in quella fascia di età. La sfida si vince costruendo un sistema sociale e produttivo nel quale sia possibile, desiderabile e conveniente rimanere attivi più a lungo. Ma come riuscire a realizzare questo obiettivo?

          Innanzitutto è necessario ripartire da una visione positiva dell’anziano, visto come risorsa e non come problema, come memoria storica e giacimento culturale piuttosto che come costo. A tal fine è necessario approdare in buone condizioni di salute all’età anziana. Risultano, dunque cruciali, gli stili di vita adottati nel corso dell’intera esistenza. Insegnare stili di vita sani è fondamentale sia a partire dalle scuole che come processo di apprendimento nel corso dell’intera vita. È necessario, inoltre, investire in prevenzione intesa non solo come informazione, ma anche come ricerca.

          La medicina, oltre ad essere sempre più preventiva, sta diventando sempre più personalizzata anche puntando a valorizzare la dimensione territoriale delle cure a domicilio. L’assistenza agli anziani e ai non autosufficienti, in un sistema sanitario ancora oggi universalistico quale quello italiano, è in buona parte demandata al settore pubblico. Qui si intrecciano diversi livelli di governo da quello centrale a quelli locali. È necessario fare in modo che i diversi livelli riescano a comunicare e a coordinarsi attraverso una ridefinizione più efficace di ruoli e compiti tra enti centrali e regioni sia per quanto riguarda l’assistenza che i controlli. Al pubblico deve affiancarsi un sistema privato responsabile non solo in termini di volontariato e filantropia, ma anche di impegno sociale delle imprese. L’attuale normativa del welfare aziendale prevede la deducibilità delle spese sostenute a favore dei dipendenti per finalità di assistenza sociale e sanitaria. Il ruolo del privato potrebbe essere ulteriormente potenziato affidando all’impresa un compito anche di formazione. In un mondo di risorse pubbliche sempre più scarse e di debiti sovrani fuori controllo, appare sempre più vitale non solo rendere efficiente lo stato sociale, ma anche affiancare al ruolo della solidarietà inter-generazionale, quello della solidarietà intra-generazionale.

          Allungare la vita attiva è, inoltre, fondamentale per fare fronte alle insicurezze tipiche dell’anziano sia in termini di ruolo che economiche. A tal fine bisognerebbe prevedere contratti di lavoro più flessibili (con la possibilità di ipotizzare ruoli da tutor per la trasmissione di conoscenze dai più anziani ai più giovani), salari più flessibili  in fase di uscita dal mondo del lavoro e percorsi di pensionamento personalizzabili. La tecnologia deve svolgere un ruolo fondamentale nel processo di empowerment degli anziani e, a tal fine, deve essere fruibile in modo semplice, migliorando  il senso di partecipazione e l’appartenenza a una rete sociale. Bisogna rimettere al centro i beni relazionali e bilanciare la tecnologia con il ruolo della persona. Solo così si potrà fare fronte in modo efficace a una delle paure fondamentali dell’anziano, la solitudine, e al disagio psichico che ne deriva.

          La rivoluzione demografica in atto presenta anche una serie di opportunità per le imprese che possono ideare nuovi e specifici prodotti e servizi per una clientela che invecchia. Il settore farmaceutico, in particolare, che rappresenta il 67% dell’export italiano e occupa 63.500 addetti, può puntare non solo alla scoperta di nuovi medicinali, ma anche a nuovi servizi di assistenza personalizzata, a soluzioni terapeutiche integrate e ad assistenza territoriale.  Le opportunità si aprono non solo per i settori della filiera sanitaria, ma anche per tutti quelli collegati a un concetto di benessere inteso in modo ampio, come ad esempio quello alimentare, il  settore turistico (l’Italia può diventare la Florida d’Europa), nonché quello architettonico-urbanistico che deve puntare a ridisegnare l’assetto delle nostre città in un’ottica di maggiore fruibilità per la popolazione anziana.

          Il cambiamento demografico è già in corso e non è possibile rimandare la pianificazione di una serie di politiche efficaci e lungimiranti. L’approccio da seguire dovrà essere comprensivo degli aspetti sia relazionali che sanitari ed economici e dovrà rappresentare una sintesi efficace di prevenzione, istruzione, assistenza e salute. Solo così gli anziani di domani potranno sentirsi più sani, più attivi, più saggi.