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Attività

Risparmio energetico, fonti rinnovabili, nucleare: quali scelte nell’interesse nazionale?

    • Venezia
    • 22 Maggio 2009

          L’approvazione del “pacchetto” legislativo sull’energia e i cambiamenti climatici da parte dell’Unione Europea nel dicembre del 2008 si inquadra nel più generale processo di definizione di una politica globale di contrasto al cambiamento climatico. La conferenza di Copenhagen, che si terrà nel dicembre di quest’anno, servirà appunto a cercare di definire il successore del Protocollo di Kyoto, che scadrà nel 2012.

          Esiste l’ambizione – o la necessità – di definire un insieme di regole che tengano insieme a livello globale, come è accaduto per il negoziato europeo, le esigenze ambientali, di competitività e di sicurezza degli approvvigionamenti, con la variabile aggiuntiva della crisi economica in corso.

          La situazione dell’industria energetica italiana e il suo possibile ruolo nel superare la crisi presuppone investimenti sia in impianti di produzione sia in infrastrutture. Entrambi possono aiutare ad attuare il pacchetto energia-clima, favorendo ricadute positive sul sistema manifatturiero italiano, ma sono condizionate dai processi di autorizzazione, anche in presenza di un’adeguata disponibilità finanziaria. Il DL 1195, recentemente approvato dal Senato, ha tra i suoi obiettivi la semplificazione di un sistema basato su molte norme e molti livelli di governo.

          Si è anche discusso di ricerca e incentivi nei due settori, strumenti attraverso i quali si cerca di aumentare la “dimensione critica” delle imprese e favorire la loro capacità competitiva nei confronti dei principali player di altri Paesi. Anche qui è necessaria la chiarezza delle norme per non aumentare il rischio degli investimenti. Vi sono inoltre opportunità internazionali (Mediterranean Solar Plan, finanziamenti BEI) nelle quali le imprese italiane debbono essere più attive.
          Quanto al tema dell’energia nucleare, si è discusso dei problemi e delle opportunità che crea l’adozione di questa tecnologia in Italia. Sono necessari investimenti in capitale umano e competenze tecniche, deve essere definito il ruolo dello Stato: se è possibile ancora una volta avere importanti ricadute tecnologiche a nostro favore è anche necessario risolvere i problemi di informazione e consenso.

          Nel dibattito sulle infrastrutture si è infine discusso degli strumenti finanziari disponibili, in Italia e nella UE, dei sistemi di autorizzazione e della loro complessità, legata anche alla governance multilivello, e quindi alla relazione con il territorio. Ne derivano tempi di autorizzazione molto lunghi e un clima di incertezza che non favorisce gli investimenti.

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