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Attività

Le banche tra nuove regole ed economia reale: ripensare ruoli e responsabilità

    • Milano
    • 6 Ottobre 2014

          A un anno dall’edizione 2013 dell’incontro sul sistema bancario, i partecipanti si sono ritrovati a questa terza edizione della Conferenza a fare il punto della situazione sul ruolo e le responsabilità delle banche nell’attuale situazione economica.

          Nell’anno appena trascorso molti e significativi eventi hanno segnato l’ambito bancario europeo. Primo fra tutti il completamento dell’Unione bancaria che ha visto il lancio del terzo pilastro, il Meccanismo di Risoluzione Unico (Single Resolution Mechanism, SRM) assieme all’avvio della supervisione unica (Single Supervisory Mechanism, SSM) e al consolidamento della regolamentazione a livello europeo. L’avvio del SSM è stato accompagnato anche dall’esercizio di Asset quality review che ha riguardato i bilanci delle 130 banche accolte sotto l’ombrello del supervisore unico europeo. Se in ambito bancario a livello europeo molto è stato fatto, tanto rimane ancora da fare. Le norme, seppur varate, devono ancora essere opportunamente implementate. Vanno inoltre affrontati nuovi rischi tra cui quello legato alla definizione dei benchmark. Va gestito al meglio il coordinamento con il G20 e con il Financial Stability Board per garantire l’armonizzazione delle regole a livello globale. Bisogna infine accompagnare all’unione bancaria un’unione del mercato dei capitali.

          Il prosciugarsi del credito è oggi il problema numero uno che impedisce al vecchio continente di risollevarsi, in un avvitamento economico che ormai si accompagna anche allo spettro della deflazione. Con il quasi azzeramento dei tassi, il lancio della TLTRO e il prossimo acquisto di titoli ABS e di covered bonds, la politica monetaria ha quasi usato tutte le frecce al suo arco. Se tutto questo servirà a rianimare un’economia moribonda, è ancora da vedere. Non aiuta in questo senso il quadro regolamentare a livello globale, oggi incorporato in quello europeo, che va nella direzione inversa. Se la banca centrale fornisce liquidità al sistema, le regole figlie di Basilea III puntano invece all’effetto opposto: più capitale che si traduce inevitabilmente in meno credito. Il messaggio che arriva ormai da anni dal cuore della politica globale è, in una parola, “deleveraging”.

          Per quanto riguarda l’Italia, il quadro macroeconomico non è certo più confortante, con una crescita che sistematicamente si colloca non solo al di sotto di quella mondiale, ma anche al di sotto di quella dell’Eurozona. Il sistema bancario è in affanno anche da noi. Non sono stati necessari grandi salvataggi, ma oggi la redditività bancaria è ai minimi storici.  L’economia reale necessita del pieno sostegno del sistema finanziario per tradursi in una vera ripresa, ma tale sostegno tarda a materializzarsi. Se è vero che servono politiche e strumenti per favorire l’accesso al credito da parte delle imprese, la liquidità proveniente dalla BCE non sembra in grado di riattivare il circuito del credito.

          Il problema vero risiede più dal lato della domanda che dell’offerta. Da un lato, di aziende che hanno bisogno di credito ce ne sono fin troppe, dall’altro però, la domanda di credito che la maggior parte di loro esprime non è classificabile a quel livello di qualità che le banche sarebbero pronte a soddisfare con la liquidità targata BCE. La fragilità finanziaria del sistema produttivo domestico è evidente nella sottocapitalizzazione o nel sovra-indebitamento delle sue imprese.

          La priorità è oggi ristabilire e rafforzare il dialogo banche-imprese che deve fondarsi sulla fiducia. Bisogna anche porre un freno al proliferare della regolamentazione che ormai sta travolgendo il sistema bancario. È necessaria una pausa riflessiva oltre che implementativa, una semplificazione che trasformi la regolamentazione aggiuntiva in sostitutiva e che, nell’implementazione delle regole più di dettaglio facenti capo al supervisore unico, eviti di penalizzare il sistema bancario italiano rispetto a quello del resto del continente. Servono strumenti alternativi che siano al tempo stesso innovativi e che sfruttino canali diversi da quello bancario. Per esempio i minibond che, pur non essendo risolutivi, potrebbero avere un discreto potenziale. Andrebbero poi rafforzate le reti di imprese, supportato il fondo di garanzia per le PMI, ristrutturati i confidi, esteso il ruolo di garanzia che possono rivestire enti quali la Cassa Depositi e Prestiti sul modello della KFW tedesca.

          Anche questi strumenti rischiano però di risultare insufficienti e inefficaci, se l’asfittica domanda interna non si riprende. Il che ci riporta al problema della bassa crescita nel nostro paese. I rimedi in questo caso sono ben più complessi e vanno dalla definizione di chiare scelte di politica industriale al ristabilirsi della fiducia per riavviare il circolo degli investimenti e della crescita.

          Se la fiducia è l’architrave di qualunque sistema economico, la responsabilità che impone a ogni attore di svolgere al meglio il proprio ruolo rappresenta una componente non meno rilevante. Se alle banche si richiede di erogare il credito interpretando al meglio le esigenze e potenzialità industriali delle imprese, agli imprenditori si chiede di credere loro per primi nelle proprie imprese investendo in misura maggiore il loro stesso capitale. Anche il governo è chiamato a fare la sua parte e non solo attraverso incentivi fiscali di varia natura, ma anche e soprattutto attraverso interventi più incisivi e di ampia portata che vanno dalla riforma fiscale, a una visione industriale, alle riforme strutturali, al rilancio degli investimenti.

          Il malessere del settore creditizio è oggi uno degli aspetti di un più ampio malessere economico. Per superarlo abbiamo bisogno non solo di regole e di una vera integrazione a scala continentale, ma anche di ripristinare la fiducia sia nel rapporto banche-imprese che tra tutti gli attori del sistema economico chiamati a fornire il proprio indispensabile contributo alla ripresa. Solo così il sistema bancario tornerà al servizio dell’Italia e a rappresentare parte della soluzione anziché del problema.

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