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Attività

Le banche nell’economia reale: ripensare ruoli, responsabilità, regole

    • Milano
    • 7 Ottobre 2013

          Il sistema finanziario, nella teoria economica, ha il ruolo fondamentale di intermediare il risparmio permettendo una efficiente allocazione del capitale con conseguenti guadagni in termini di produttività e benessere dell’intero sistema economico. Tuttavia, nel recente passato, a questa funzione primaria se ne sono sovrapposte altre che hanno contribuito a snaturare il ruolo della finanza e il suo rapporto con l’economia reale.

          A cinque anni dalla più grave crisi finanziaria del dopoguerra, i partecipanti Aspen si sono chiesti quale sia oggi il ruolo delle banche nelle economie europea ed italiana. L’Europa è un sistema banco-centrico. Gli attivi bancari europei sono quasi quattro volte il Pil del continente e negli ultimi anni sono cresciuti più rapidamente di quest’ultimo. Ingenti risorse pubbliche sono state drenate per supportare i salvataggi di istituzioni finanziarie in difficoltà. E il sistema, lungi dall’integrarsi, a seguito della crisi e del credit crunch che ne è derivato si è ulteriormente frammentato lungo linee di demarcazione nazionali. Per evitare i rischi legati a un’ulteriore frammentazione, la risposta del legislatore europeo può andare solo nella direzione di una maggiore integrazione nell’ambito del mercato unico, puntando sia a un’armonizzazione della regolamentazione a livello europeo e globale che al consolidamento del progetto di unione bancaria.

          Anche l’Italia è un sistema banco-centrico in cui le banche, soprattutto quelle commerciali, rivestono un ruolo fondamentale nell’economia del Paese. Basti dire che i prestiti bancari rappresentano il 67% di tutte le passività delle imprese. E che il supporto al Paese da parte delle banche nazionali in termini di acquisti di titoli di Stato è aumentato negli ultimi anni dal 7% al 22%, triplicando di fatto il suo peso. Oggi queste banche si scontrano con una serie di sfide epocali. Pur avendo superato bene la crisi finanziaria del dopo Lehman, il sopraggiungere di una crisi dell’economia reale che in Italia ha assunto i contorni di una gravità mai vista nel recente dopoguerra, ha indebolito il sistema economico e produttivo del Paese frenando la domanda interna.

          La crisi dei debiti sovrani nell’area euro ha acuito il prosciugamento del credito riflettendosi in spread troppo elevati e allontanando il sistema finanziario domestico dai meccanismi di trasmissione della politica monetaria espansiva della banca centrale. Le banche italiane risultano pertanto penalizzate da un più alto costo della raccolta e da una peggiore valutazione di merito da parte delle agenzie di rating. Una struttura distributiva troppo onerosa, che accresce i costi e riduce la produttività per dipendente, aggrava ulteriormente la situazione. Per completare il quadro, la fragilità finanziaria del sistema produttivo domestico, con imprese caratterizzate da una leva elevata e da una patrimonializzazione bassa, ha determinato un aumento preoccupante dei crediti in sofferenza che risultano al di sopra della media europea. In questo scenario, si è accentuata profondamente la dicotomia tra imprese sane e competitive che esportano all’estero e imprese, soprattutto di piccole e piccolissime dimensioni, che dipendono da una domanda interna asfittica. Mentre le prime riescono a reperire capitali, talvolta anche rivolgendosi al sistema finanziario internazionale, per le seconde il reperimento di tali risorse, pur essendo condizione essenziale per la sopravvivenza, è divenuto difficilissimo. Rispetto a queste ultime risulta cruciale la capacità da parte di chi eroga il credito di fare selezione e, dunque, di distinguere tra quelle imprese che vivono una momentanea crisi di liquidità e quelle che invece sono insolventi a tutti gli effetti.

          Cosa fare per rafforzare il sistema bancario italiano? Molte le proposte emerse nel corso del dibattito. Dal rafforzamento dello strumento delle garanzie, a migliori politiche di incentivazione fiscale nella deducibilità delle perdite su crediti. Si è inoltre proposto di fare diventare la Cassa Depositi e Prestiti sempre più simile alla KfW tedesca in termini di garanzia statale e di contabilizzazione della stessa rispetto al rapporto debito/Pil. Il credito all’export dovrebbe essere concesso anche da aziende private purché abbiano la garanzia dello Stato. Vanno incentivati gli strumenti di credito di medio lungo termine anche per il loro ruolo nel supportare le infrastrutture. Bisogna promuovere un nuovo equilibrio tra stabilità e innovazione finanziaria. E puntare alla specializzazione, in modo che ogni istituzione finanziaria si concentri su quello che sa fare meglio. Infine bisogna porre l’attenzione sulla questione della regolamentazione che è cruciale per il settore. È necessario andare nella direzione di una migliore e non di una maggiore regolamentazione (negli ultimi 5 anni le banche italiane hanno dovuto adeguarsi a più di 500 provvedimenti normativi), che deve essere coerente a livello europeo ed evitare di penalizzare il sistema bancario italiano, già soggetto a regole più restrittive che altrove.

          Le banche italiane hanno giocato e continuano a giocare un ruolo fondamentale nel supportare il sistema Paese non solo nella sua componente produttiva privata, ma anche in quella pubblica. Tuttavia oggi esse hanno perso buona parte del capitale di fiducia di cui godevano. Poiché la fiducia è l’architrave di ogni sistema finanziario, rilanciare l’immagine del sistema bancario italiano risulta il compito prioritario. Si è di fronte a una sfida cruciale che esige di ripensare l’intero modello di business rimettendo al centro la funzione tradizionale di intermediazione del capitale e puntando a una regolamentazione che sia al tempo stesso funzionale a questo scopo e coerente in ambito continentale e globale.

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