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Attività

Il tempo delle scelte: le sfide per l’Europa tra economia e politica

    • Milano
    • 5 Giugno 2012

          L’incontro con il Professor Guido Tabellini, Rettore e Ordinario di Economia dell’Università Luigi Bocconi, ha rappresentato per gli Aspen Junior Fellows un’occasione di approfondimento su  temi di grande attualità. Vent’anni dopo il Trattato di Maastricht gli scenari economici e finanziari in cui si muove il continente europeo sono radicalmente cambiati. Le prospettive su cui era stata disegnata l’Europa nascevano da una proiezione ottimistica della capacità di governare un’Unione Monetaria che non è però anche politica e fiscale nel contesto di una crescente integrazione finanziaria. Oggi l’Unione Europea è al bivio di decisioni dalle conseguenze gravi e incerte: una maggiore integrazione, da perseguire in tempi rapidi e sotto la pressione dei mercati, oppure – all’opposto – una riduzione del perimetro dell’area euro con costi particolarmente elevati.

          Vi sono due spirali negative da contrastare nell’attuale crisi. La prima è la sfiducia sul debito pubblico che – assieme alla maggiore austerità fiscale che si rende necessaria per contrastarla – deprime i redditi e la domanda aggregata nel Sud Europa e con essi la crescita. La seconda spirale riguarda i rapporti tra Stato e banche (ad esempio in Irlanda e Spagna). Un intervento dei singoli Stati di salvataggio delle banche si scaricherebbe sul debito sovrano alimentando la sfiducia e il rischio di corsa allo sportello.

          Come interrompere queste spirali? La politica fiscale non può essere una risorsa (perché vincolata a risanare i bilanci pubblici). Una politica monetaria più espansiva della BCE, sempre più spesso evocata, costituirebbe uno strumento importante. Nelle crisi la politica monetaria acquisisce un ruolo simile alla politica fiscale: la Federal Reserve promosse trasferimenti a banche e famiglie a seguito della crisi del 2007-2008. Il caso americano evidenzia i limiti di manovra dell’Europa. Un secondo intervento riguarda l’unione bancaria, intesa in termini di centralizzazione a livello europeo della sorveglianza e delle garanzie sui depositi. Infine è necessario sospendere la separazione tra politica monetaria e politica fiscale permettendo alla BCE di sostenere in modo diretto i titoli di stato dei paesi a rischio. Questa separazione funziona in condizioni normali, ma appare incompatibile con la sopravvivenza del sistema monetario unico in una fase di crisi come l’attuale nella quale ci si sta spostando di fatto da un sistema monetario basato su una valuta unica a un regime a cambi fissi. In un’ottica di politica monetaria di supporto a quella fiscale anche gli eurobond possono diventare uno strumento di rilevante utilità, anche se non sufficiente.

          Ognuno dei rimedi elencati implica una maggiore integrazione politica del continente. Questa scelta non dovrebbe essere però il risultato dell’intensificarsi della pressione dei mercati, ma piuttosto di una ben ponderata riflessione sui vantaggi e sulla fattibilità di un più ampio e integrato progetto europeo. La tendenza a temporeggiare che i leader europei mostrano a ogni vertice rischia invece di fare precipitare la situazione in modi e tempi non previsti e non prevedibili. Una maggiore integrazione su più fronti – incluso quello politico – è un passo importante che non solo i leader, ma anche i cittadini europei devono avere la possibilità di scegliere con consapevolezza. L’alternativa, di gran lunga più costosa, è l’abbandono del progetto europeo che ha garantito pace e prosperità al continente negli ultimi sessanta anni.