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Attività

I motori della crescita della società futura

    • Venezia
    • 26 Ottobre 2012

          Quella che stiamo vivendo non è una semplice congiuntura negativa. È una crisi profonda, che richiede un radicale cambiamento dei modelli di vita e di sviluppo. Senza mutamenti profondi, i livelli di crescita, in tutta Europa, continueranno a essere molto bassi nei prossimi anni. Anche perché rilanciare lo sviluppo e l’occupazione “a costo zero” è impossibile. Migliorare il funzionamento del sistema istituzionale, assicurare un quadro regolatorio che non disincentivi gli investimenti, ridurre davvero gli oneri su imprese e famiglie, mediante misure di liberalizzazione e di semplificazione efficaci, è importante. Così come appare inevitabile ridefinire il perimetro dello Stato, abbandonando compiti non essenziali, tra l’altro sempre più difficili da svolgere con un personale pubblico invecchiato e arretrato tecnologicamente. Ma per tornare a crescere davvero bisogna ricominciare a investire. Le risorse devono essere recuperate mediante scelte politiche coraggiose. La spending review non si deve limitare a operare tagli parametrati sui livelli di spesa esistenti. Deve invece costituire l’occasione per un ripensamento complessivo delle politiche pubbliche e dei servizi ai cittadini. Soltanto così si potranno fare i necessari investimenti in infrastrutture, sia materiali che immateriali. Su entrambi i versanti, la situazione italiana è preoccupante. Il sistema formativo è indebolito dalla riduzione degli investimenti per la scuola e dalla moltiplicazione delle piccole università. Gli incentivi ai docenti per trovare nuove fonti di finanziamento sono bassi. Le piccole e medie imprese non hanno sufficiente massa critica per investire in ricerca. Né è stato costruito un sistema di enti pubblici e privati di ricerca che assista le imprese nel processo di innovazione tecnologica. L’Italia è in ritardo anche sul versante delle infrastrutture materiali. Il costo dell’energia continua a essere molto alto anche per la mancata diversificazione delle fonti e per l’incapacità di accedere al più vantaggioso mercato spot del gas. Inoltre, i piani di investimento nelle reti di nuova generazione procedono lentamente. Ciò, insieme al basso grado di alfabetizzazione digitale, rischia di aumentare il ritardo italiano nello sviluppo dei servizi ICT.