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Attività

The 2009 G8’s sustainable development challenge: initiative and implementation

    • Roma
    • 1 Luglio 2009

          Alla vigilia del summit dell’Aquila, il workshop ha analizzato le molteplici dimensioni dello sviluppo sostenibile, alla luce degli impegni che le maggiori potenze economiche hanno preso negli ultimi anni e delle priorità attuali.

          Si è preso atto di una grave carenza complessiva di governance efficace, che è divenuta particolarmente evidente negli ultimi vent’anni a fronte di una profonda trasformazione dell’intero sistema internazionale – a cominciare dai trend della crescita economica e di quelli demografici.

          Tra le priorità per il G8 è stato dunque indicato un doppio obiettivo: migliore accountability, soprattutto per evitare che anche gli impegni più solenni restino poi sulla carta; e migliori regole per mercati che sono ormai realmente globali, a maggior ragione dopo l’esperienza della crisi economica in atto.

          La crisi ha del resto fatto emergere la stretta interrelazione di settori come la finanza, il commercio, l’energia, la sicurezza alimentare e sanitaria, l’ambiente, le crisi locali con ripercussioni militari e umanitarie. Questa interdipendenza strutturale è una sfida enorme che non può essere elusa, toccando direttamente la sostenibilità delle società (o degli strati sociali) più vulnerabili. Al tempo stesso, si deve conservare un atteggiamento pragmatico rispetto alla reale volontà politica di perseguire con serietà una lunga lista di promesse: i leader sono ben coscienti del fatto che le dichiarazioni di intenti si scontrano spesso non solo con problemi tecnici e contabili, ma anche con le logica della politica interna e della legittimità democratica. Secondo alcuni osservatori e protagonisti dei negoziati nell’ambito del G8, scelte più selettive, e apparentemente meno ambiziose, hanno maggiori probabilità di produrre risultati concreti.

          Almeno due questioni di fondo sono risultate particolarmente controverse. La prima è la modalità di adattamento del formato stesso dei vertici alle nuove realtà mondiali: fermo restando che il G8 è già l’evoluzione naturale (in due tappe) di un gruppo a sua volta più ristretto, e che l’approccio informale e pragmatico deve essere salvaguardato, le scelte di ulteriori allargamenti oggi sull’agenda costituiscono un cambiamento qualitativo. C’è una inevitabile tensione tra l’esigenza di efficacia nelle consultazioni e nel coordinamento, da un lato, e la volontà di coinvolgere attivamente le potenze emergenti come partecipanti responsabili. Un chiarimento ineludibile per i prossimi mesi riguarda intanto il rapporto del G8 con il G20, finora solo parzialmente definito.

          La seconda grande questione aperta è quale filosofia dello sviluppo sia opportuno adottare: il filone degli aiuti di Stato incontra oggi un limite sia nelle gravi ristrettezze di bilancio dovute alla crisi, sia in un più generale ripensamento – anche in molti paesi tradizionalmente beneficiari di aiuti – sull’efficacia e sugli effetti indesiderati di alcune forme di sostegno.

          C’è comunque un vasto consenso sull’importanza di non ridurre, ma anzi aumentare, gli sforzi per l’apertura dei mercati internazionali (sia rispetto ai prodotti che agli investimenti). E c’è una piena consapevolezza del difficile equilibrio tra due priorità: mettere sotto controllo le emissioni di agenti inquinanti e garantire tassi di crescita economica adeguati alle grandi aspettative generate negli ultimi anni soprattutto nei grandi paesi emergenti.

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