Vai al contenuto

Transizione ecologica e geopolitica: il futuro dell’energia

  • Venezia
  • 7 Ottobre 2023

        Il sistema energetico italiano è riuscito a reagire alla tempesta perfetta del 2022 generata dall’impennata del costo del gas a seguito della guerra in Ucraina e dalla parallela riduzione della produzione idroelettrica causata dalla siccità. La sostituzione degli approvvigionamenti russi, il ruolo del regolatore e la capacità delle multiutility di calmierare i prezzi hanno consentito di superare l’emergenza. Eppure ancora molto deve essere fatto per aumentare la resilienza del Paese di fronte alle crisi geopolitica e climatica. La flessibilità è un elemento chiave e risulterà ancora più essenziale per fronteggiare lo scenario di incertezza che caratterizza il futuro del settore, alla ricerca di un equilibrio fra sicurezza energetica, sostenibilità economica e sostenibilità ambientale. 

        A tal fine è necessario considerare anche il bilanciamento tra efficienza e ridondanza, inteso come sufficienza strategica delle forniture in momenti di crisi. La solidarietà fra Paesi, prevista dalle norme europee sullo stoccaggio, può essere una chiave per costruire davvero la sicurezza energetica come bene comune continentale. Si tratta però di un passo che richiede una presa di responsabilità europea, difficile nell’attuale quadro, in assenza di riforme sul processo decisionale dell’Unione. L’UE, intanto, si è mossa con piani ambiziosi, capaci di dare impulso alle rinnovabili, ma il suo ruolo di leadership in questo campo è fortemente ridotto dalla dipendenza tecnologica e di materie prime rare: settori in cui è la Cina a essere protagonista. 

        Far diventare la transizione ecologica europea un vero green deal significa valorizzare le opportunità elaborando una politica industriale che permetta di far crescere alcuni settori tecnologicamente avanzati dove l’Europa può giocare un ruolo rispetto alle economie di scala di altri mercati produttivi, aumentando di pari passo la quota di materia prima proveniente da riciclo. 

        In questo modo la manifattura europea può trasformarsi in un’infrastruttura di sicurezza energetica, mentre l’elaborazione di una politica industriale coerente – capace cioè di gestire con priorità chiare sussidi e disincentivi, mantenendo la bussola del mercato – rimane la leva principale per creare crescita. Purtroppo l’UE sconta ancora una volta la mancanza di una strategia continentale in un ambito in cui ancora ogni Stato membro agisce autonomamente, misurandosi con il dirigismo cinese e la determinazione americana a difendere industrie essenziali per la sicurezza nazionale. 

        Inoltre, in un nuovo quadro energetico che alimenta le tensioni geopolitiche, l’Europa deve rafforzare il proprio rapporto con altri Paesi, proiettandosi in particolare verso un continente strategico come l’Africa. La sfida è complessa: l’Italia e l’Europa si trovano di fronte ad obiettivi molto ambiziosi nell’ambito di una transizione energetica totalmente diversa rispetto a quelle del passato. La crisi climatica, infatti, si è affermata come il principale attore nella transizione, richiedendo un cambiamento culturale da parte dei cittadini e una presa di consapevolezza degli operatori. Dal punto di vista industriale è necessario agire concretamente nel ricercare e nello sviluppare soluzioni non solo per la generazione di “elettroni verdi”, ma anche per la diffusione di “molecole verdi”, capaci di decarbonizzare la quota di consumo energetico che non è elettrificato e non potrà esserlo nel breve termine. Non esiste purtroppo una soluzione valida per tutti i problemi: è necessario sviluppare diversi progetti, valorizzando il contributo di ogni tecnologia. La creazione di una filiera per la produzione di oli vegetali in Africa, da immettere sul mercato con una bioraffinazione realizzata in Italia, così come lo sviluppo a livello nazionale del biometano, sono soluzioni che richiedono una trasformazione – anche in senso digitale – delle infrastrutture esistenti perché possano diventare più intelligenti e quindi più flessibili. Questo significa anche creare un mercato favorevole agli investimenti, andando a incidere con un market design adeguato, sulla volatilità e sulle numerose incertezze e lentezze autorizzative che ancora caratterizzano le rinnovabili. Il dibattito sulle tecnologie per la decarbonizzazione interseca anche quello sulle nuove generazioni di nucleare: le soluzioni disponibili rendono difficile la modulazione richiesta dalla convivenza con le rinnovabili, mentre quelle in sviluppo sembrano collocarsi in un orizzonte temporale che va oltre i traguardi di riduzione delle emissioni fissati a livello europeo. 

          Contenuti correlatiVersione integrale della ricerca