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Attività

Una politeia per un’Europa diversa, più forte e più equa

    Incontro e dibattito con Paolo Savona
    • Roma
    • 29 Gennaio 2019

          Il primo incontro degli Aspen Junior Fellows del 2019 si è concentrato sull’Unione europea, sull’analisi del suo percorso e delle sue prospettive nell’anno dell’elezione del nuovo Parlamento.

          “Conoscere l’Europa per cambiarla” potrebbe essere il leitmotiv della discussione. Le disposizioni dei trattati indicano gli obiettivi a cui l’Unione deve tendere, come una crescita economica equilibrata e la stabilità dei prezzi. Gli strumenti da utilizzare devono essere all’altezza delle ambiziose finalità che il progetto comune si è posto.

          L’impegno per la crescita deve essere rafforzato. Il bilancio dell’Unione europea in rapporto al prodotto interno lordo è esiguo e non consente di intervenire a sostegno delle limitate azioni dei singoli Stati membri, i quali sono vincolati ai parametri fiscali concordati in precedenza. Il campo d’operatività della Banca europea per gli investimenti potrebbe essere potenziato a questo scopo.

          L’interdipendenza tra gli Stati membri dell’Unione, specialmente nella zona euro, è una condizione strutturale. Laddove rallentasse l’economia di un Paese, gli effetti si farebbero sentire anche sugli altri membri e ciò deve condurre a prevedere un’efficiente allocazione delle risorse tra livello nazionale e livello europeo. Un altro aspetto delicato concerne l’interrelazione tra disciplina europea della concorrenza e diversità degli ordinamenti tributari nazionali.

          La partecipazione dell’Italia all’Unione europea comporta due ordini di riflessioni. Il primo riguarda le linee direttrici che dovrebbero guidare una riforma dell’architettura istituzionale dell’Unione. A questo proposito, è necessario che l’Italia chiarisca le proprie priorità per poter contribuire al dibattito europeo. Le proposte da mettere sul tavolo, frutto di adeguata ponderazione, saranno “utopie realiste”, parafrasando Rutger Bregman, nella consapevolezza che un’idea ben posta fa più rumore di un pugno sul tavolo o, perlomeno, dura più a lungo, come amava ripetere Guido Carli.

          Il secondo ordine di questioni, più pratiche ma non meno importanti, attiene ai mezzi e alle risorse che il nostro Paese dedica all’interlocuzione con le istituzioni e le autorità europee. La pubblica amministrazione italiana dovrebbe dedicarvi uno staff dello stesso ordine di grandezza di quello degli altri grandi Paesi e facilitarne la mobilità internazionale (specie con Bruxelles), cogliendo opportunità e favorendo sinergie.

          La conoscenza, lo studio e l’approfondimento delle questioni europee rimangono cruciali, in primis per avere una voce più ascoltata nel concerto europeo. Inoltre, questo serve anche a migliorare la legittimazione delle stesse istituzioni europee, che trarrebbero rinnovato vigore da un dibattito pubblico ampio e informato con i cittadini.

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