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Attività

The State of the Unions: testing transatlantic expectations after Bush

    • Washington
    • 14 Dicembre 2008

          I partecipanti hanno analizzato il quadro interno emerso dalle elezioni americane del novembre 2008 e le prospettive della politica estera americana, l’evoluzione dei rapporti tra stato e mercato nel contesto della crisi economica globale, e la geopolitica delle risorse energetiche.

          E’ presto per dire se la vittoria di Barack Obama costituisca un radicale cambiamento negli equilibri politici americani, con un vero movimento sociale alle spalle della nuova amministrazione, oppure un più normale ciclo elettorale che ha solo temporaneamente premiato i Democratici. La peculiarità di Obama sembra essere la sua tendenza ad enfatizzare i caratteri personali e generazionali del suo approccio alla politica, piuttosto che un classico schema ideologico. Certamente, ha finora dimostrato notevole pragmatismo e dovrà esercitare una forte leadership sia interna che internazionale per gestire adeguatamente i molti e complessi problemi che lo attendono. E ciò partendo dalla constatazione che i fattori interni e internazionali, regionali e globali, sono ormai strettamente legati.

          A conferma di questa oggettiva interdipendenza, la discussione ha toccato varie questioni diplomatiche e di sicurezza regionale, come l’Afghanistan e il Pakistan, il Medio Oriente e il ruolo dell’Iran, l’incerta evoluzione della Russia e il futuro della NATO.

          La crisi economica sarà in ogni caso il terreno su cui gli Stati Uniti – come anche l’Europa e il resto del mondo – dovranno concentrarsi in modo prioritario. Nell’immediato, le maggiori preoccupazioni riguardano l’efficacia dei piani di stimolo dei consumi e di riattivazione dei flussi di credito, ritenuti quasi unanimente essenziali, pur in presenza di un rischio che politiche genericamente keynesiane producano effetti indesiderati e distorsioni nel medio termine. Per gli Stati Uniti, sembra inevitabile una fase di deficit molto consistenti, con impulsi protezionistici che potrebbero contagiare altre aree economiche.

          In parallelo con gli indispensabili interventi nazionali, si dovrà lavorare per un miglior coordinamento internazionale e per una profonda riforma delle regole e delle maggiori istituzioni economico-finanziarie. Un problema specifico riguarda l’Europa in tal senso, vista la sua strutturale esigenza di un processo decisionale collettivo, che al momento sembra venire affrontato soprattutto in chiave di accordi ad hoc, parzialmente informali.

          I prezzi relativamente alti dei prodotti energetici si possono considerare una delle concause della crisi economica, avendo contribuito a una notevole volatilità: essi non rispondono soltanto a logiche di mercato ma sono invece fortemente influenzati da considerazioni e iniziative geopolitiche. Lo conferma chiaramente il caso della politica estera russa, ma anche in modo diverso di quella iraniana. Si è ormai consolidato un largo consenso su entrambe le sponde dell’Atlantico sull’esigenza di un mix di politiche per la conservazione, la diversificazione, e gli investimenti nelle fonti rinnovabili. Non sarà affatto agevole reperire le risorse per queste politiche nel contesto di una recessione che si annuncia prolungata e grave, eppure le condizioni esistono per una parziale riconversione dei modelli produttivi. Sia il contributo europeo che quello americano saranno cruciali, anche in vista dell’acquisizione reciproca di lezioni utili.

          Strillo: The State of the Unions: testing transatlantic expectations after Bush