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Attività

Quali le radici culturali dell’Italia?

    • Milano
    • 8 Febbraio 2010

          Radici da declinare al plurale, come composizione di un mosaico di contributi e significati, a volte anche conflittuali. Le fondamenta della cultura italiana non possono essere altrimenti descritte: una pluralità di conoscenze, costumi e saperi che hanno maturato nel tempo un carattere unitario. Il risultato è una originale composizione delle differenze generate da tre grandi epoche storiche segnate rispettivamente dalla preponderanza dei Comuni medievali, dalle nuove teorie scientifiche di matrice rinascimentale e dalla rivoluzione industriale.

          All’interno di questo quadro, un ruolo essenziale è stato svolto dalla lingua (grazie alle grandi rivoluzioni letterarie prodotte in epoche diverse dalla Sicilia di Federico II, dai grandi maestri toscani del Trecento e dall’apporto manzoniano), dall’arte e dalla musica. Gli artisti e i letterati sono diventati il simbolo del Paese, travalicandone i confini politici e divenendo più famosi di sovrani e generali che lo hanno guidato. Ma se la cultura italiana ha saputo schiudere al mondo valori universali perché fatica a produrre nuove testimonianze della nostra epoca? Da un lato, i cambiamenti geopolitici hanno cambiato gli equilibri di potere a livello mondiale, e hanno anche indirizzato l’attenzione su nuovi e più vivaci centri culturali; dall’altro, una certa tendenza all’esaltazione del negativo, rende il Paese poco consapevole delle risorse e delle qualità che possiede e dei traguardi che raggiunge.

          Per riprendere, dunque, il filo interrotto della tradizione culturale italiana, e collegare l’epoca moderna alla grandezza delle sue radici, vanno rifiutate le ideologie e i ragionamenti per dicotomie. Questo sforzo può aiutare il Paese a concentrarsi su una maggiore internazionalizzazione del suo patrimonio culturale e artistico: si tratta di uno scrigno aperto che va offerto e valorizzato in Europa e nel mondo, tenendo conto dell’ammirazione che alcuni Paesi già riservano all’Italia (la Cina, ad esempio, identifica quella italiana e latina come l’altra cultura millenaria). Il Paese deve impegnarsi ad attrarre talenti, ricercatori, pensatori, grandi gruppi economici e aziende che non lo vedano solo come un museo, ma come a un’entità viva e palpitante, capace di produrre sapere e innovazione.

          È poi necessario impegnare la classe dirigente e gli intellettuali nella promozione di una cultura democratica e popolare, che rimargini del tutto la scissione tra esponenti del sapere e popolo. Il tema delle radici culturali si scontra, infatti, con una considerazione sul rapporto tra la cultura italiana e l’Italia. La prima è stata un mondo e una entità più forte del Paese per secoli,  quando poi si è dovuta sposare con esso, lo Stato non è riuscito a raccordarsi con la sua dimensione culturale, con il patrimonio prodotto. D’altro canto, la cultura italiana è rimasta elitaria (probabilmente più legata alla sua dimensione pre-unitaria), mentre il Paese aveva bisogno di una svolta democratica, che non c’è stata.

          Il suo carattere sostanzialmente ‘non democratico’ rappresenta la premessa da cui partire, anche per formulare una strategia di avvicinamento alle giovani generazioni, distratte e condizionate dalle nuove tecnologie, il cui linguaggio e i cui punti di riferimento sono lontani dal dibattito attuale sulle radici dell’identità nazionale. Si tratta di una fetta considerevole della popolazione che va indirizzata grazie alla scuola, ma anche grazie a politiche lungimiranti che sappiano spiegare ai giovani l’attrattiva e la dimensione universale del sapere secolare ‘made in Italy’.

          D’altro canto, l’attenzione e la valorizzazione delle ‘radici’ non deve togliere spazio alla riflessione sul futuro: ciò che ha accomunato tutti i momenti di crescita ed espansione della cultura italiana attraverso i secoli è stata la proiezione verso l’avvenire, l’innovazione. In momenti di grande cambiamento, come quello attuale, solo il futuro, l’idea di un progetto che necessita di coesione nazionale, può mantenere più unito il Paese.

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