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Attività

Politica 3.0: la leadership alla prova della rete

    • Roma
    • 13 Giugno 2012

          La rete ridisegna i parametri della politica, in primo luogo della ricerca del consenso e della gestione della leadership. Se ne erano già visti chiari segni nella vincente campagna elettorale del 2008 di Barack Obama: due milioni di supporter organizzati attraverso la rete, 8 milioni e mezzo di visitatori unici del sito principale, 13 milioni di iscritti alla newsletter e 30 milioni di dollari di donazioni raccolti su internet. Il primo presidente digitale della storia oggi non è più solo. Sono ormai molti i politici che si affidano alla potenzialità di coagulo del consenso offerta dalla rete: lo hanno fatto recentemente i candidati alla poltrona di sindaco di Londra. Se ne è servito – e questo è più sorprendente – Francois Hollande, nuovo Presidente che ha usato la rete pur vivendo in un paese dal sistema politico consolidato e incardinato in parametri di cultura politica tradizionale. Lo hanno fatto – e questo senza dubbio stupisce meno – il partito dei Piraten in Germania e il movimento 5 stelle in Italia.

          Le rete, quindi, diviene un attore di primo piano del sistema democratico moderno. Con molte opportunità e qualche rischio. Attraverso la rete il cittadino condivide un’agorà sterminata dove si sollevano problemi e si cercano soluzioni: secondo alcuni si arriverà dritto dritto ad una disintermediazione del rapporto tra cittadino e classe politica in un’ipotesi di democrazia diretta i cui contorni non sono però ancora chiari. Ma non tutti concordano: soprattutto in Italia conteranno ancora molto i corpi intermedi, come collettori di istanze da trasformare, poi, in operazioni politiche.

          Quel che è certo è che cambierà il modo di gestire la leadership. La rete – per sua natura fondamentalmente anarchica – mette, infatti, in discussione il tradizionale modello di autorità e rilancia concetti come reputazione e accountability. Il leader politico non è più un privilegiato collettore di informazioni riservate, utili poi quando si tratta di prendere decisioni. Oggi la rete moltiplica e mette a disposizione di tutti informazioni che una volta erano a disposizione di pochi. Il leader dovrà allora saper selezionare e interpretare un volume enorme di notizie sulle quali poi basare le proprie scelte.  Al tempo stesso i sempre più numerosi “watchdog della rete “ chiedono al leader continuamente di “rendere conto” e di guadagnarsi e mantenere costantemente la reputazione.

          La rete pone anche seri rischi al futuro sviluppo dei sistemi democratici. Di fatto oggi le 5 major digitali americane detengono e gestiscono una tale massa di informazioni da far prefigurare, negli anni a venire, un’enorme capacità di indirizzare e formare il giudizio dei cittadini, mettendo così in pericolo le fondamenta dei sistemi democratici. Per capire quale grande potere abbiano in mano va ricordato che l’intera capitalizzazione di un’azienda globale come Apple vale, approssimativamente, quanto la capitalizzazione del mercato borsistico italiano. Servono, quindi, nuove regole, prima che una versione aggiornata del “grande fratello orwelliano” sia in grado di dirigere il cuore e le menti di masse sterminate collegate ad internet.

          Altro rischio per la democrazia viene sempre dalla caratterisitica “anarchica”della rete. Platone insegnava che un mondo senza struttura è un terreno molto fertile per la nascita del dispotismo. Al tempo stesso gli illuministi avvisavano che la disinformazione è un pericolo per la democrazia: nazismo e comunismo ne sono un esempio.  Un sistema lasciato a se stesso e destrutturato pone, quindi, pericoli per il sistema democratico: è urgente prendere atto di questi rischi e cominciare a immaginare un minimo di regolamentazione. L’attenzione alle regole, secondo alcuni, è destinata comunque a tornare: già gli schemi portati dalle “cyber wars” condurrano a maggiori controlli e ad una evoluzione di internet in senso meno anarcoide.  

          Nel panorama politico, italiano e non solo, gli ultimi venti anni ha visto affermarsi un modello di leaderismo, spettacolarizzazione e personalizzazione del leader e dello scontro politico, laddove il mezzo televisivo rivestiva ancora un grande ruolo.  La rete non cancellerà forse il leaderismo, ma imporrà – pur non sfociando in un modello di democrazia diretta – una concezione più partecipata e condivisa.

          La rete ridisegna, dunque, le funzioni di leadership e gli establishment della politica: il cambiamento è pienamente in atto tanto che, secondo molti, esiste già un nuovo establishment che ha imparato a gestire il flusso informatico. Se è vero che una notizia su twitter e sui social network, diffusa in tempo reale, diviene marea inarrestabile è anche vero che ci si è già attrezzati per mettere a punto altre maree, concepite e gestite per reagire con una contro-notizia. Torna, tra l’altro, in primo piano il ruolo del giornalista: anche in rete il giornalista manterrà il ruolo di “gatekeeper” di una massa di informazioni altrimenti ingestibile e sfiancante.