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Attività

Le frontiere dell’identità

    • Roma
    • 9 Giugno 2010

          Identità è una parola “multipla”: non ne esiste, paradossalmente, una sola, ma molte che hanno  caratteritische, origini e processi di costruzione diversi. L’identità individuale, ad esempio, viene spesso messa in discussione nel momento in cui viene affermata: è S.Agostino a spiegare che proprio il senso del dubbio caratterizza i momenti fondamentali della vita. L’io prende consapevolezza di sé per un processo di sottrazione: sono tutto meno quello che non sono. Presa nel mezzo di identità differenti e molteplici, l’era contemporanea vive però una grande contraddizione: forse per la prima volta nella storia è la stessa identità umana ad essere messa in discussione. E questo, senz’altro, è un aspetto inquietante.

          Se dall’io si passa al noi, dall’identità del singolo a quella della comunità, i passaggi intermedi sono molteplici, ma convergono verso un concetto ultimo di identità nazionale come processo di costruzione, non statico e variegato: non una foto, ma un film, con immagini in movimento e dentro una storia.  Una storia che a volte si compone e si alimenta anche di falsi miti. Esistono dei falsi storici che hanno costruito nei secoli identità nazionali: si erigono statue a personaggi mai esistiti, si alimentano leggende di gesti mai compiuti al solo scopo di compattare maggiormente la coesione sociale di un Paese e offrire la memoria che permetta poi di costruire un futuro.

          L’identità nazionale appartiene più alla categoria del fare che non a quella  dell’essere:  è sempre frutto di una costruzione, anche se è ovvio che non la si costruisce a tavolino. Anzi. È proprio il ruolo importante del processo spontaneo, quello non ufficiale, ad essere un notevole punto di forza. Anche i momenti istituzionali hanno però la loro funzione perché c’è bisogno di radici e di memoria. Sono spesso i morti e la loro memoria a rendere veri i valori che servono per il futuro. Ci si accorge del valore dell’identità quando si rischia di perderla. Così è successo agli americani in occasione dell’11 settembre; e molti da allora hanno scoperto cosa vuol dire essere occidentali, l’identità di appartenenza ad una civiltà.

          Alcuni disegnano traiettorie diverse. Accade, infatti, che la visione tradizionale di Patria diventi oggi, in un’immagine molto più prosaica, un moderno condominio, una sorta di club dove si è ammessi pagando una quota: poco, dunque, interessa il passato e molto si investe nel futuro. Nell’era contemporanea l’identità conta anche per l’economia: le aziende multinazionali investono sull’identità e lavorano sui valori condivisi quali trust, performance, innovation, responsible citizenship.  Nelle corporation l’identità è sì imposta, ma diviene poi una sorta di totem per i dipendenti: oggetto, certo, a volte bersaglio di facili ironie, ma, comunque, posta all’attenzione di tutti. 

          Per alcuni la nazione è una scelta, un principio morale che si rinnova continuamente e non una questione di luoghi, di radici, di sangue e di tradizioni. Ma c’è chi si oppone a questa lettura: “sono italiano non perché scelgo. Lo sono e basta”. L’identità culturale italiana è fortissima, ma non si può riassumere  unicamente nell’identità nazionale, pur avendo contribuito a costruirla. Peraltro dopo l’Unità d’Italia due terzi delle leggi riguardavano fattori identitari. L’identificazione non sembra però essere ancora avvenuta. In  Italia, infatti, sotto il profilo culturale ci sono stati due grandi progetti di unificazione entrambi falliti: quello linguistico di Alessandro Manzoni e quello del fascismo con il le sue avanguardie artistiche e architettoniche. Ci si chiede se oggi possa avere un senso tentare nuove strade, pur essendo chiara nel Paese la tendenza ad una frammentazione.

          Secondo alcuni, infatti, nell’Italia di oggi sopravvive solo un’identità privata fatta di soggettivismo, peraltro anch’essa in crisi. Eppure il futuro non si può costruire su un eccesso individualistico, anche perché tra identità nazionale e identità individuale ce ne sono tante intermedie: regionali, provinciali e municipali. Ed è proprio l’identità locale che permette poi la coesione della comunità: ma tra il locale e il globale manca però la dimensione nazionale. Già dal secondo dopoguerra, per ragioni storiche, l’identità nazionale si è indebolita, anche per l’inveterato vizio di autodenigrazione, tipicamente italico. E oggi diventa sempre più difficile provare ad unificare, anche perché la frammentazione viene paradossalmente percepita quasi come una sorta di difesa di fronte a tale indebolimento.

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