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Attività

La reputazione è tutto? Come costruire un patto di fiducia con il cliente

    • Milano
    • 25 Novembre 2015

          La fiducia dei consumatori è un bene prezioso, difficile da conquistare e ancor più da mantenere. Grazie ai nuovi strumenti di comunicazione la disponibilità di informazioni oggi è pervasiva e rende la trasparenza un requisito necessario per ottenere la fiducia del consumatore a sostegno del brand. Nuove leve di business si stanno sviluppando in questo senso, al punto che negli Stati Uniti si parla di reputation economy. Anche nella vita civile si assiste a un passaggio di testimone: dalla visibilità alla credibilità, dallo storytelling a tell the true story.

          I social network sono diventati uno strumento fondamentale per la formazione dell’opinione pubblica. Danno una risonanza straordinaria alle notizie e coinvolgono nella conversazione un pubblico trasversale, con esiti talvolta sorprendenti: alcuni scandali legati ad aziende hanno avuto picchi di interazioni maggiori rispetto a certe tragiche notizie di cronaca. Come nelle società pre-mediatiche torna a contare anche il passaparola: i clienti diventano spontaneamente ambasciatori della marca. Dall’osservazione di alcuni case history è emerso, inoltre,che le aziende che ammettono subito i propri errori vengono premiate dalla Rete: questo significa che i consumatori cercano esperienze autentiche e che la coerenza viene considerata un valore, così come la trasparenza che, se percepita come un comportamento coatto, fa affievolire la fiducia nel brand anche se le informazioni sono vere.

          L’importanza attribuita alla trasparenza è indissolubilmente legata alla cultura dell’ambiente in cui l’azienda opera e a quella dell’azienda stessa; appare evidente, dunque, come la corporate reputation non riguardi soltanto il rapporto brand-cliente, ma l’intera rete di relazioni con gli stakeholder che ha nell’azienda il proprio hub, dagli azionisti ai fornitori, al personale. E proprio la reazione del personale nei momenti di tracollo dell’immagine di un’impresa risulta un indicatore dell’universo valoriale costruito negli anni. In alcuni casi recenti, il team si è stretto intorno al management, rivendicando un grande senso di appartenenza; in altri casi, ne ha preso le distanze.

          Di fronte a comportamenti irresponsabili non si sono registrate, talvolta, riduzioni drastiche delle vendite, perché i consumatori hanno continuato a basare le proprie scelte su altri fattori, come il rapporto qualità/prezzo. In altri, invece, notizie apparse in tv – e poi amplificate dall’eco dei social media – hanno avuto effetti importanti, almeno nel breve periodo. Dinanzi a una crisi che può mettere seriamente a rischio l’immagine, bisogna trovare soluzioni con tempestività: in questo caso la crisis management assume un ruolo determinante. Le strategie messe in campo possono essere le più diverse, da una comunicazione immediata e d’impatto  – che rischia di rilanciare e di amplificare, insieme alla difesa, la notizia stessa che ha acceso il flame mediatico –  a una reazione più ponderata e low profile.

          La politica di bilancio, investire in ricerca e sviluppo, non delocalizzare, attuare politiche retributive accettabili per l’opinione pubblica, politiche fiscali corrette: queste le scelte aziendali più opportune per intrecciare un solido patto di fiducia con i consumatori. Si va verso un’economia civile e, per farsi scegliere, le aziende hanno bisogno sempre di più di costruire il proprio valore su fattori immateriali: in quest’ottica assume un’importanza sempre maggiore la corporate social responsibility, come parte integrante della strategia d’impresa. Ben trenta case history testimoniano come campagne commerciali di successo possano partire da valori sociali, cosa che solo le aziende coerenti con quei valori possono permettersi. L’etica è parte della cultura e dell’economia: mondi che sono rimasti spesso separati tendono adesso a convergere.

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