Vai al contenuto
Attività

La cultura e i suoi luoghi: coniugare impresa, arte, società

    • Milano
    • 15 Giugno 2009

          Per riuscire a confrontarsi sul tema della cultura e del suo legame con la società, dunque con i luoghi in cui c’è o si fa cultura, ed anche con l’impresa, vale a dire con chi può finanziarla e renderla possibile e fruibile, è indispensabile sapere che cosa si intende per “cultura”. Il concetto di cultura è polisemico. Lo spettro di significati, azioni e fatti che indica, va dal puro e concreto esercizio delle arti fino al loro prodotto più astratto, ovvero il rimando al trascendente e al non conosciuto; c’è poi la cultura intesa come custode del senso delle cose e della vita, dell’identità di una comunità; senza dimenticare l’accezione prettamente antropologica dell’acquisizione di cultura, che diventa dunque strumento di sviluppo e accrescimento intellettuale e spirituale dell’individuo.

          La fruizione dell’arte stimola la formulazione del giudizio di valore e costringe all’esercizio quella coscienza critica che più è allenata, meglio caratterizza l’autonomia e l’indipendenza di giudizio di ogni persona. Un individuo non può però dirsi pienamente formato se non è integrato in un sistema, in una rete più ampia fatta sì di altri individui, ma anche dalla realtà delle imprese e dei commerci: la società e la dinamicità dell’economia vanno a costruire una rete di scambi che incrementano le possibilità culturali di ogni persona, e di conseguenza di una collettività.

          Sono le istituzioni culturali ad offrire spazi e tempi in cui si dà modo alle persone di poter fare esperienza culturale, di conoscenza e formazione, di scambio e interazione; sono spazi in cui potersi riconoscere e dove poter “rammendare le lacerazioni della società”.  I luoghi della cultura devono dunque essere gestiti e amministrati da chi sa di dover dare ai beni culturali un’anima, che possa essere proposta come forma di identificazione a chi li frequenta. Il luogo culturale può anche essere virtuale, ma non meno ben definito dall’anima che il gestore ne ha dato, perchè è fondamentale che riesca ad offrire al pubblico una possibilità di riconoscimento, l’idea di uno spazio comune su cui fondare una comunità. A Milano questo è accaduto con il Salone del mobile, con la Triennale di Milano, con il Festival MITO SettembreMusica; a Venezia lo ha fatto la Biennale e a Spoleto il Festival dei Due Mondi.

          In questo senso la città è un luogo in cui il cittadino deve avere la possibilità di acculturarsi, dunque di crescere e far crescere gli altri con lui; l’arte è al servizio della città e aggrega, crea una comunità affezionata e intenzionata a migliorare sé e gli spazi in cui vive. Fare cultura in città può contribuire a recuperare aree degradate, a far diventare patrimonio della collettività spazi che non lo erano: i luoghi dove ci si trova diventano i luoghi dell’identità  e della valorizzazione del fare. 

          La funzione pubblica delle imprese in questo senso è molto importante perché ben mantenendo distinto il loro ruolo produttivo all’interno della società, possono però dare chiaro impulso alla cultura. Accanto al pubblico, l’impresa può contribuire concretamente alla crescita culturale della società: con l’introduzione di momenti culturali nei luoghi di lavoro, ad esempio, crea occasioni di aggregazione e dunque di costruzione di un’identità tra i lavoratori, ma ha anche il vantaggio di poter veicolare verso i consumatori dei valori. La responsabilità sociale delle imprese sta però anche nel mettere a disposizione della cultura  il loro know how (ad esempio marketing e comunicazione) e nel fare investimenti in un ambito che a fronte di una intensa attività creativa e propositiva sempre più ne sente la mancanza. Ma oggi come viene finanziata la cultura? Chi gestisce e come gestisce le istituzioni culturali? È necessario porre attenzione ai criteri di meritocrazia nei metodi di valutazione delle proposte culturali e dei soggetti che le supportano, ai tempi di erogazione dei contributi che spesse volte sono troppo lenti e in ritardo rispetto alle tempistiche di pianificazione tipiche della cultura; serve incrementare la sinergia tra pubblico e privato e fare in modo che i beni culturali possano essere valorizzati in modo tale da produrre buona cultura e il non deprecabile valore economico aggiunto della ricchezza indotta.

          L’Italia ha un patrimonio culturale immenso, disperso in tutto il territorio. È strategica e fondamentale la riduzione della sua frammentazione, anche gestionale, e l’eliminazione degli enti culturali inutili: servono investimenti in infrastrutture logistiche, che velocizzino un sistema ora troppo burocratizzato e lento, perciò controproducente e che va nella direzione contraria a quella auspicata. Per sapersi narrare, è indispensabile conoscersi: chi fa cultura e chi la finanzia consideri allora strategica la formazione e l’educazione alla cultura nelle scuole e nelle università, per sviluppare senso critico, fornire i codici interpretativi e definire una identità culturale italiana. Accontentarsi della rivalorizzazione del patrimonio storico non è però sufficiente, serve anche coniugare la narrazione dell’Italia al presente e trasformare le istituzioni culturali e le città in ambasciate del nostro presente nel mondo.

            Contenuti correlati
            Strillo: La cultura e i suoi luoghi: coniugare impresa, arte, società