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Attività

I protagonisti italiani all’estero

    • Cernobbio
    • 11 Marzo 2011

          L’apertura internazionale e la circolazione, delle persone e dei cervelli, nelle fasi essenziali della formazione e della crescita professionale: questi i temi di fondo della terza Conferenza “I protagonisti italiani all’estero”.

          Percorsi di formazione, dunque, che migliorino le conoscenze globali dei nostri giovani e ne rafforzino la consapevolezza dei tratti fondanti della cultura nazionale (l’«essere italiani», e al contempo europei), e percorsi professionali che stimolino e valorizzino le esperienze di lavoro all’estero, anche da parte di aziende e istituzioni pubbliche italiane.

          Tre i punti principali affrontati nelle due sessioni di lavoro. Il primo, un esame del fenomeno degli italiani all’estero, dalle ragioni della loro scelta al valore della loro presenza e della loro attività. Il modello di emigrazione degli ultimi anni è sempre più guidato dalla volontà di completare il ciclo di formazione. Una volta all’estero, gli italiani – specie quelli che rappresentano figure eccellenti nelle loro attività – sono, e devono sempre più diventare, una risorsa per l’Italia. Essi rappresentano infatti un “gruppo di opinione e di pressione”: da un lato determinano in molte circostanze l’opinione che all’estero si ha del nostro Paese, dall’altro possono costituire un gruppo di pressione sulle politiche pubbliche italiane, specie a favore dell’apertura e della modernizzazione delle strutture economiche e sociali. Per queste ragioni è necessario che si crei un meccanismo di interazione tra loro e il Paese. Un rapporto che per ora è poco equilibrato: la scelta di studiare e lavorare all’estero, infatti, è spesso determinata dai limiti del nostro sistema, gli stessi che rendono difficile tornare in Italia valorizzando le esperienze compiute, e riducono la nostra capacità di attrarre talenti stranieri in Italia. Si passa dalle carenze del nostro sistema educativo (che si traducono nell’anticipazione del momento di partenza all’estero, in molti casi, già alla fine del ciclo di istruzione secondaria superiore) alle rigidità del mercato del lavoro, ai ritardi nell’innovazione, dalla qualità della vita (le nostre grandi città non forniscono spesso servizi e una qualità ambientale adeguata) al fondamentale tema del prevalere di meccanismi familistici – sono state autorevolmente richiamate le “cordate”, sia in politica che nell’accademia – sul merito individuale.

          Siamo entrati così nel secondo punto, la circolazione. Si è sostenuto che, più che il definitivo ritorno in Italia delle eccellenze, sia fondamentale la creazione di un sistema dinamico di brain circulation, sia attraendo in Italia cervelli stranieri (il saldo tra ingressi e uscite, come noto, è assai negativo), sia mettendo in comunicazione gli italiani all’estero tra loro e con i “decisori” – politici, intellettuali, imprenditori – italiani. È questo il nodo centrale: l’eliminazione dello svantaggio competitivo che  l’Italia ha nei confronti degli altri paesi è il passo decisivo per attrarre non solo le eccellenze italiane formatesi all’estero ma anche gli stranieri. E costituisce, oltretutto, un test essenziale per provare che il nostro sistema sia divenuto più moderno, aperto e, appunto, competitivo.

          Terzo punto, le soluzioni operative. Anzitutto, l’apertura e internazionalizzazione dei sistemi educativi e dei processi formativi, ad ogni livello: lingue straniere, periodi di studio all’estero, anche vincolati – nel finanziamento pubblico – al rientro per periodi di tempo determinati in Italia; efficienza e valutazione di scuola e università, che peraltro richiedono – insieme alla ricerca – investimenti pubblici e privati adeguati. L’esperienza all’estero deve diventare incentivante per la carriera, seguendo un modello adottato in numerose imprese private, specie multinazionali. Università e docenti devono essere incentivati all’apertura e alla circolazione, con insegnamenti esclusivamente in inglese e il sistema delle “cattedre parziali” (singoli corsi affidati a professori di università straniere). L’università italiana dovrebbe adeguarsi ad una prassi sempre più diffusa, la creazione di campus di eccellenza internazionali, sia attraendo campus di università straniere, sia aprendone di propri all’estero.

          In conclusione, si è condivisa la necessità di dare continuità al progetto. Segnalata l’importanza dei network, che favoriscono un costante contatto e una relazione tra gli italiani all’estero, e dei provvedimenti che favoriscono la circolazione dei talenti – è stata richiamata la legge, di iniziativa bipartisan, recentemente approvata dal Parlamento, che istituisce benefici fiscali per il rientro dei lavoratori laureati in Italia – l’attenzione si è soffermata sullo sviluppo del progetto Aspen che ha dato origine a questo ciclo di Conferenze. Si è condiviso, a tale proposito, che, dopo che le prime tre conferenze hanno consentito una conoscenza completa del fenomeno, sia opportuno potenziare il progetto, passando dallo spazio dell’analisi e del confronto all’adozione di strumenti operativi per mettere in rete le eccellenze italiane all’estero.

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