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Attività

Eurobond: l’intreccio tra politica ed economia

    • Roma
    • 26 Ottobre 2011

          L’idea di introdurre titoli di debito pubblico europeo – i cosiddetti Eurobond – non è recente: risale, infatti, al 1993 quando Jacques Delors propose, sia pure in forma embrionale, l’emissione di obbligazioni europee per finanziare gli investimenti in infrastrutture della Comunità Europea. Dopo una fase di lungo silenzio, il dibattito politico sugli Eurobond è ripreso e si è progressivamente intensificato con la crisi finanziaria del 2008 e, soprattutto, a ridosso dell’attuale fase di instabilità dei mercati legata alla crisi dei debiti sovrani europei.

          Il dibattito sulle forme che gli Eurobond potrebbero assumere è particolarmente complesso e articolato poiché molti e vari sono gli aspetti tecnici da considerare sul piano giuridico ed economico nella costruzione di questi strumenti. E la complessità della questione è accentuata dalle implicazioni politiche e di accettazione da parte dell’opinione pubblica di un’innovazione finanziaria che, potenzialmente, potrebbe avere ricadute incisive non solo sul futuro dei cittadini dei paesi direttamente esposti alla crisi dei debiti sovrani, ma anche di quelli dei paesi percepiti invece, in questa fase, come più solidi e al riparo dalla instabilità dei mercati finanziari.

          Sono quindi due le tesi contrapposte su cui il dibattito sugli Eurobond tende a polarizzarsi a livello internazionale: da un lato, questi strumenti servirebbero a trasferire sugli stati dell’area Euro più virtuosi i debiti pubblici di quelli in difficoltà. Dall’altro, gli Eurobond sarebbero invece l’unico strumento in grado di stabilizzare la moneta unica in questa fase di accentuata turbolenza, consentendo un ordinato e progressivo consolidamento dei debiti sovrani, e supportando la crescita economica dell’area.

          Questa seconda tesi sembra trovare un numero sempre maggiore di aderenti nel mondo politico, economico e finanziario in quanto, in primo luogo, le economie europee sono già fortemente integrate e interdipendenti e, come la situazione greca ha dimostrato, una crisi di liquidità o solvibilità in un singolo Stato può avere ripercussioni drammatiche anche sull’economia e sul sistema bancario degli altri paesi dell’area. In secondo luogo, l’introduzione di titoli di debito pubblico europeo consentirebbe la creazione di un mercato in grado di competere, per ampiezza e livelli di liquidità, con quello dei titoli di Stato americani, attraendo quote sempre più consistenti dei flussi di risparmio internazionali e rafforzando il ruolo dell’Euro come valuta di riserva globale.  

          Naturalmente, la fattibilità degli Eurobond dipende non solo dagli obiettivi che l’Europa si prefigge di conseguire ma dal design degli strumenti, dalla scelta dei veicoli da utilizzare per la loro emissione, e dal tipo di garanzie che dovrebbero accompagnarsi alle emissioni stesse. Sul piano delle ipotesi allo studio, si passa da obbligazioni europee per finanziare gli investimenti in grandi infrastrutture con meccanismi, eventualmente, di coinvolgimento di investitori privati, alle forme più ambiziose che prevedono l’emissione di Eurobond da parte di una agenzia europea che rilevi quote dei debiti pubblici nazionali. Quest’ultima ipotesi sul piano operativo potrebbe tradursi, per esempio, in un allargamento del raggio e del mandato del già attivo European Financial Stability Facility, o nella costituzione di un fondo finanziario ad hoc capitalizzato con l’apporto, da parte dei paesi aderenti, delle riserve auree e delle azioni delle società che controllano le reti infrastrutturali nazionali.

          L’aspetto delle garanzie e dell’introduzione di meccanismi che impegnino i paesi maggiormente esposti a ridurre il proprio indebitamento rimane certamente l’elemento cruciale per la fattibilità di una scelta che, avversata da diversi settori dell’opinione pubblica europea, è politica prima ancora che economica. Ma è indubbio che va maturando la consapevolezza che all’introduzione degli Eurobond sembra ormai legarsi il destino dell’Euro come moneta unica e dell’Europa come progetto politico.