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Attività

Cultura, leadership, responsabilità

    • Cernobbio
    • 5 Novembre 2010

          Un modello di società più armonico e sostenibile, proiettato al futuro, ma al contempo ancorato alle radici della nostra identità nazionale. Con la crisi globale la ricerca di questo nuovo paradigma di sviluppo ha restituito anche in Italia una centralità, altrimenti forse compromessa, al fattore “cultura”. Relegata nel dettato per taluni criptico dell’art. 9 della Costituzione repubblicana, la cultura può oggi trovare una sua più esaustiva definizione nella tripartizione concettuale tra conoscenza generale delle istituzioni, della società, dell’economia e della scienza; competenze specifiche e settoriali; convinzioni e valori da intendersi come codici di riferimento, anzitutto sul piano dell’etica pubblica, dei comportamenti individuali e di quelli collettivi.

          Tuttavia, per far sì che una nozione di cultura così concepita possa affermarsi come strumento unificante, di coesione sociale e nazionale, è opportuno riflettere preventivamente sull’”ambiente” da cui la crisi del nostro modello di sviluppo si è originata: dalle degenerazioni del “tutto e subito” agli eccessi di un individualismo sfrenato, dalla mancanza di un orizzonte di ampio respiro alla perdita di centralità degli interessi della comunità. In questa luce, individuata come prioritaria la ridefinizione di un orizzonte di lungo termine del nostro “essere Paese” e postulata come plausibile l’interpretazione della cultura quale mix di conoscenza, competenze e convinzioni, è evidente che il primo obiettivo debba essere quello di valorizzare le agenzie educative e formative dove la conoscenza si acquisisce, le competenze si maturano, le convinzioni si trasmettono.

          Quest’ultimo passaggio assume un rilievo cruciale perché, se è vero che conoscenza e competenze possono essere diversificate, di un corpus di valori condiviso e certo l’Italia non può fare a meno. Non può farne a meno non solo per gli effetti destabilizzanti della crisi, ma soprattutto per le ripercussioni di trasformazioni epocali, legate alla rivoluzione tecnologica, a dinamiche demografiche senza precedenti, a una fase di globalizzazione irreversibile. In termini più semplici, dinanzi a un mondo che cambia tumultuosamente, il Paese deve poter contare su strumenti in grado di decodificare la complessità del mondo contemporaneo e di gestire il cambiamento, senza con questo disperdere i propri connotati identitari.  Ciò vale per le istituzioni e per la società nel suo complesso, a partire dalle imprese che nel mercato globale sono obbligate a misurarsi e a competere.

          Il ruolo di guida di un simile compito compete evidentemente alla classe dirigente. Per questo diventano ancor più fondamentali la costruzione e la legittimazione di una leadership autorevole, sensibile ai saperi e ai valori, attenta a non inciampare negli opposti errori dell’assimilazionismo e del multilateralismo a compartimenti stagni, capace di fare sintesi della diversità delle relazioni umane e culturali con cui sempre più spesso ci dovremo confrontare. In una tale complicazione di scenario, anche sul piano teorico, ai tradizionali processi di matrice weberiana che contribuiscono alla definizione della leadership devono accompagnarsi altri fattori, meno codificati, ma legati anch’essi alla complessità della contemporaneità: dalla centralità della comunicazione alla velocità dei processi decisionali, dall’assunzione del rischio alla capacità di ascolto e di interpretazione delle esigenze degli interlocutori: siano essi cittadini-elettori, cittadini-consumatori, cittadini-utenti di servizi o prestazioni.

          Per questo il tema della “responsabilità” investe tutti: la politica, l’economia, i corpi intermedi, il Terzo Settore. Che si tratti di spirito di servizio o di corporate governance, l’attenzione al sociale, alla concreta attuazione delle decisioni e alle ricadute di queste ultime sugli interessi della comunità, esce dal novero della mera solidarietà, cui sovente è stata confinata, per entrare nel terreno dell’etica pubblica, del rispetto delle regole, dell’attrattività di un sistema altrimenti declinante e senza bussola. Un terreno sul quale, oggi più che mai, siamo obbligati a scendere per ritrovare il senso condiviso della nostra identità, per rilanciarla in un mondo rivoluzionato e per farne il perno di un nuovo, più sostenibile e duraturo, modello di sviluppo.