Vai al contenuto
Attività

Convivere con il rischio

    • Roma
    • 18 Settembre 2013

          Affrontare il tema della gestione del rischio richiede la risoluzione di un evidente paradosso: mentre i rischi a cui famiglie e imprese sono esposte si fanno sempre più numerosi e gravi, le risorse pubbliche per affrontarli sono sempre più limitate. Lo spettro dei rischi con cui cittadini, organizzazioni e Stati devono convivere diviene di fatto sempre più ampio, spaziando da quelli sanitari, previdenziali e professionali, a quelli legati alle catastrofi naturali o provocate dall’uomo.

          Sul piano dei rischi sanitari e previdenziali la discussione riguarda la sostenibilità di un sistema di welfare moderno ed efficiente. L’attuale crisi economica ha, di fatto, reso ancor più evidente la fragilità e la sostanziale insostenibilità di una impostazione universalistica secondo cui lo Stato si faceva interamente carico dei rischi dei cittadini. Sprechi e abusi hanno certamente contribuito alla crisi del sistema, ma soprattutto è mancata negli ultimi decenni la corrispondenza tra il dovere di contribuzione e il diritto alle prestazioni, compromettendo le finanze pubbliche e determinando l’ingente accumulo di debito da parte di molti paesi sviluppati inclusa l’Italia.

          I cittadini e le imprese, vissuti a lungo nella convinzione – o illusione – che lo Stato potesse proteggerli e garantirli in ogni circostanza avversa, si trovano ora a dover affrontare, sempre più soli e impreparati, scelte autonome di gestione del rischio. E questo accade in un contesto in cui le stesse amministrazioni pubbliche incontrano crescenti difficoltà nel fronteggiare emergenze collegate con i disastri naturali e i cambiamenti climatici. Un capitolo a parte è, infatti, rappresentato proprio dalle catastrofi. L’Europa e l’Italia, al pari di altre regioni nel mondo, ne sono sempre più esposte: come dolorosamente evidenziato, per esempio, dai terremoti del 2009 a L’Aquila e del 2012 in Emilia Romagna, le calamità, oltre a provocare la perdita di vite umane, causano danni patrimoniali per miliardi di euro, con ripercussioni sulla stabilità economica e la crescita. Anche nei casi in cui sono concentrate a livello locale, i costi delle grandi catastrofi, se non adeguatamente coperti da assicurazione, possono implicare per gli Stati pesanti oneri di bilancio e causare rilevanti squilibri di finanza pubblica. Anche dal punto di vista finanziario, la gestione e prevenzione dei rischi catastrofici è, quindi, una questione non marginale per i cittadini, le imprese, e le amministrazioni pubbliche italiane ed europee.

          Diventa imprescindibile, soprattutto in una fase di crescente disagio sociale, attuare politiche che consentano ai vari soggetti di effettuare scelte consapevoli sugli strumenti più adeguati per prevenire e trasferire i rischi. Queste scelte comporteranno nuovi costi che dovranno essere allocati in modo equo. La ridefinizione di un welfare che offra un moderno sistema di protezione dai rischi legati alla longevità, alla salute, alla qualità dell’ambiente e del territorio, richiederà certamente il coinvolgimento sia di operatori privati che dello Stato. La misura e le modalità in cui pubblico e privato dovranno collaborare è tuttavia ancora da declinare. Emergono comunque delle considerazioni di policy-making condivise.

          Innanzitutto, appaino opportuni interventi volti ad accrescere la consapevolezza individuale del rischio nelle sue varie forme, promuovendo ad ampio raggio l’alfabetizzazione e formazione finanziaria di cittadini e imprese. Il diffondersi di una cultura del rischio avrebbe il vantaggio di diffondere, al tempo stesso, la cultura della prevenzione, con evidenti ricadute positive per operatori pubblici e privati. In secondo luogo, è necessario garantire una piena e trasparente competizione fra gli attori del mercato. Alcuni interventi regolamentari – e in particolare Solvency II – rischiano invece di penalizzare alcuni operatori imponendo vincoli di patrimonializzazione eccessivamente onerosi. Infine, il quadro regolamentare e fiscale dovrebbe essere semplificato e reso stabile nel tempo per consentire tanto agli operatori che ai cittadini una piena valutazione della convenienza dei piani e degli strumenti assicurativi sul mercato.

          Un robusto, ma efficiente sistema previdenziale può rappresentare una fonte di vantaggio competitivo per il Paese, e non va tralasciato come le imprese assicuratrici possano rivestire un ruolo determinante per la crescita economica e per lo sviluppo del mercato finanziario nazionale. Infatti, in virtù della loro stabilità, robustezza patrimoniale e ottica gestionale di lungo periodo, le assicurazioni rappresentano, in molti contesti, gli investitori ideali per progetti di lungo termine legati, per esempio, alla realizzazione di infrastrutture.