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Attività

Condividere il futuro: l’alleanza fra Stato e Mercato per un nuovo contratto sociale

    • Roma
    • 14 Settembre 2011

          L’invecchiamento della popolazione, il prossimo pensionamento dei baby boomer, il prolungato ristagno economico, l’assottigliarsi delle risorse pubbliche sono elementi che spingono l’Italia, come gran parte dei Paesi sviluppati, a interrogarsi sul rapporto tra offerta pubblica e privata di protezione sociale. Pensioni, sanità e assistenza, nelle loro diverse forme, non vengono più erogate solo dallo Stato, ma il ventaglio di offerte si è ampliato ponendo le basi di un sistema diversificato, dove sempre più i cittadini sono chiamati a decidere autonomamente assumendo i vantaggi e i rischi delle scelte di investimento per proteggere il proprio futuro.

          L’aspetto centrale, quando si affronta il tema della previdenza, è naturalmente quello della ricerca del necessario equilibrio tra sostenibilità e adeguatezza del trattamento pensionistico. Sul come conciliare questi due principi, il dibattito è vario e articolato – non solo in Italia – e gli aspetti da considerare spaziano dalla revisione dell’età pensionabile, all’aggancio dei benefici previdenziali, alla speranza di vita, alla gestione dei trattamenti minimi (zero pillar) per i meno abbienti. Il comune denominatore di questi elementi di discussione è che l’equilibrio tra adeguatezza e sostenibilità è perseguibile solo con  uno sforzo comune di pubblico e privato, e che, necessariamente, un ruolo sempre più centrale sarà assunto dalla previdenza complementare.

          Sotto il profilo della sostenibilità, il sistema previdenziale italiano vede maturare gli effetti di riforme incisive, per taluni versi pionieristiche in Europa, quali il passaggio, nel 1995, da un sistema a ripartizione a uno a contribuzione, la riforma del TFR del 2005, o il più recente aumento dell’età pensionabile nel settore pubblico. Tuttavia, queste riforme non hanno prodotto i risultati attesi in termini di sviluppo della previdenza complementare: solo una percentuale modesta della forza lavoro italiana ha, al 2011, aderito a un piano di previdenza privato e fra gli aderenti sono poco rappresentate quelle categorie professionali e demografiche che maggiormente beneficerebbero di un trattamento previdenziale complementare.

          Se la causa principale del ritardo con cui cresce il secondo “pilastro” della previdenza è rintracciabile nella scarsa informazione e consapevolezza degli italiani, e soprattutto dei lavoratori più giovani, in merito alle implicazioni sul proprio futuro delle varie riforme previdenziali, nella fase di transizione aumenteranno sempre più le potenziali aree di conflitto fra chi gode dei benefici di un sistema generoso costruito nel passato e chi ne sarà invece escluso.

          Si rende, quindi, necessario un nuovo patto generazionale per la coesione e la crescita, in cui cambia il ruolo dello Stato da erogatore della previdenza a garante della trasparenza e informazione sul trattamento previdenziale, a promotore dell’educazione finanziaria soprattutto a favore dei più giovani, a, infine, facilitatore dello sviluppo delle forme di previdenza complementare. Sotto quest’ultimo profilo, lo Stato potrebbe, per esempio, intervenire con un potenziamento degli incentivi fiscali, e con una rimodulazione e semplificazione della normativa anche con riguardo ai requisiti di solvibilità. Ma anche il mercato e gli operatori privati sono chiamati a uno sforzo sotto il profilo dell’ampliamento dell’offerta, dell’intensificazione del ruolo di consulenza e assistenza al cliente, e di miglioramento della trasparenza e semplicità dei prodotti.

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