Vai al contenuto
Attività

Amministrazione finanziaria e giustizia tributaria: il caso dell'”abuso del diritto”

    • Roma
    • 10 Luglio 2014

          Hic sunt leones”: così – nelle antiche mappe – erano indicate le terre sconosciute e pericolose. Potrebbe oggi accadere, in una ipotetica mappa della fiscalità d’impresa, per l’Italia: terra incognita e insidiosa, in cui la creatura giurisprudenziale dell’abuso del diritto genera confusione e incertezza.

          L’abuso del diritto è, dunque, uno dei nodi cruciali che la delega fiscale deve risolvere, nell’ambito di una complessiva riscrittura dei rapporti Fisco-contribuente.

          Come noto, si tratta di un concetto elaborato – prima, e in ambito limitato – dalla Corte di Giustizia Europea e, poi, ripreso – come principio generale – dalla Corte di Cassazione, per attribuire all’Amministrazione finanziaria il potere di disconoscere i vantaggi fiscali di operazioni, formalmente corrette, ma realizzate mediante l’uso distorto di strumenti giuridico-economici, volti ad ottenere un risparmio fiscale, in assenza di apprezzabili ragioni imprenditoriali.

          È essenzialmente una “valvola di sfogo” dell’ordinamento giuridico, per evitare che la legge sia utilizzata contro i suoi stessi principi.

          Tuttavia, una tale clausola generale implica non pochi problemi, tanto di coordinamento del sistema, quanto nella sua concreta applicazione.

          Infatti, un ordinamento tributario come quello italiano, basato sulla riserva di legge (art. 23 Cost.), mal si concilia con principi dai confini indefiniti, di diretta formazione giurisprudenziale, verosimilmente più consoni ad un sistema di common law. Il possibile pregiudizio, in termini di incertezza del diritto, è rilevante.

          Sul piano concreto, l’abuso del diritto, come declinato dalla giurisprudenza nazionale, ha portata generale ed è considerato rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del procedimento. La conseguenza è che, in molti casi, non possibile prevedere se le operazioni da realizzare saranno o meno ritenute corrette dalla amministrazione fiscale.

          La certezza del diritto (in specie, in termini di prevedibilità delle conseguenze delle proprie azioni), oltre a costituire pilastro basilare di uno stato di diritto, è un elemento imprescindibile per la competitività del Paese: infatti, diversamente dal rischio – che è connaturato all’attività d’impresa – l’incertezza spinge l’imprenditore italiano a fuggire e investire altrove.

          Nella delega fiscale, attribuita al governo con la legge 11 marzo 2014, n. 23, si tenta di rimediare a tale situazione e di garantire il grado di certezza del sistema, cercando di definire e delimitare il concetto di abuso del diritto, anche sul piano procedimentale e sanzionatorio.

          Chiarezza nell’applicazione delle norme fiscali, procedure rispettose del contribuente e sanzioni proporzionate all’illecito commesso sono gli obiettivi che la delega persegue, anche riscrivendo in modo significativo molti profili di rilevanza, come la procedura di accertamento, il trattamento sanzionatorio (amministrativo e penale), l’organizzazione della giustizia tributaria, l’istaurazione di un dialogo continuo con l’Amministrazione finanziaria e così via.

          Si vuole così ridisegnare il rapporto fiscale, incrementando la certezza su regole e operazioni, a fronte di una maggior trasparenza da parte del contribuente (si ipotizza, tra l’altro, l’inserimento della gestione del rischio fiscale, tra i controlli interni della corporate governance).

          È tuttavia, questo, un percorso non privo di ostacoli: occorre fare i conti, da una parte, con la diretta derivazione – di matrice giurisprudenziale – dell’abuso del diritto dal principio costituzionale di capacità contributiva (che così taglia la mediazione della legge ordinaria) e, dall’altra parte, con l’atteggiamento fiscale spesso assunto dall’Amministrazione finanziaria, nella incessante ricerca di performance di gettito.

          In altri termini, non è escluso il rischio che la nuova definizione di abuso del diritto, in attuazione della delega fiscale, non sia comunque tale da precludere in radice contestazioni ultra legem di abuso, così vanificando gli obiettivi della legge delega.

          Per ovviare a ciò occorre, (i) potenziare le forme di definizione precontenziosa delle contestazioni, sulla base di un preciso iter procedimentale, (ii) vietare la rilevabilità d’ufficio dell’abuso del diritto, (iii) rafforzare il valore dei precedenti tutelando il legittimo affidamento del contribuente  (iv) specificare che la fattispecie di abuso del diritto definito ex lege costituisce attuazione diretta del principio di capacità contributiva, togliendo così spazio per ulteriori interpretazioni estensive.

          In questo contesto, un ruolo potrebbe essere svolto da una più ampia, tempestiva e costante disclosure dei dati aziendali, nell’ambito di procedimenti di co-operative compliance, quale contropartita di una circoscritta applicazione del principio di abuso del diritto e di un più sereno e partecipato rapporto tra contribuente e Amministrazione finanziaria.

            Contenuti correlati