Il decennio appena iniziato, anche a causa dell’irrompere del fenomeno pandemico, si caratterizza per due principali macrotendenze: la pervasività della tecnologia e la crescita del settore delle nuove imprese.
Il secondo elemento è particolarmente sostenuto dall’afflusso senza precedenti di capitale di rischio, che consente di attrarre talenti capaci di combinare al meglio grandi competenze e una motivazione fuori dal comune. Tuttavia, l’effettiva profittabilità di un simile potenziale su larga scala risiede, in ultima istanza, nella predisposizione caratteriale delle nuove generazioni.
Appare, quindi, necessaria una riflessione approfondita sul ruolo che le istituzioni educative sono chiamate a svolgere al tempo della globalizzazione e, in particolare, di una transizione digitale in accelerazione. Esiste una reale esigenza di costruire proposte formative capaci di accompagnare il professionista per l’intero arco della vita, in una dinamica di aggiornamento costante delle competenze. A questo proposito, le stesse esperienze di start up e di consulenza risultano preziose al fine di sviluppare capacità tecniche, personali e relazionali che caratterizzano una vincente mentalità manageriale. L’attuale sistema di istruzione italiano motiva però solo limitatamente gli studenti alla scelta di un percorso professionale in cui una forte motivazione personale e una valida visione possono effettivamente incidere in modo determinante nella società.
Alla luce del dato che vede, negli ultimi anni, la maggior parte dei giovani talenti che scelgono di avviare un’impresa possedere un titolo di studio di alto livello, occorre inoltre interrogarsi sul ruolo che le università potrebbero avere nel formare futuri imprenditori di successo. Particolarmente rilevanti, da questo punto di vista, risultano essere tutte quelle attività promosse in ambito accademico finalizzate a sviluppare una virtuosa propensione al rischio, capacità di organizzazione del lavoro in base agli obiettivi da raggiungere e un’attitudine a sottoporsi costantemente ad attività di aggiornamento professionale.
Per quanto concerne l’impatto che il sistema politico-normativo italiano ha sullo sviluppo di nuove imprese, è necessario premettere che, in virtù della crescente interconnessione di reti e mercati su scala globale, la localizzazione è una componente sempre meno determinante per il successo di una azienda. Le peculiarità dell’Italia a livello regolamentare si traducono spesso in differenti costi di avviamento e in farraginosi oneri burocratici che possono incidere negativamente sulla propensione all’imprenditorialità. Tuttavia, non è la burocrazia l’ostacolo più ingombrante a un pieno dispiegamento del potenziale imprenditoriale. Ben più significativo, in tema di nuove aziende, è l’approccio culturale prevalente: insicurezza, scarsa attitudine al rischio e difficoltà a leggere le prospettive di mercato. Di conseguenza, più della semplificazione normativa, appare prioritaria una maggiore attenzione da parte del sistema formativo nazionale sulla costruzione di competenze e mentalità manageriali.
Infine, stante la spiccata vocazione internazionale delle nuove imprese, occorre prestare la massima attenzione all’evoluzione del quadro geopolitico. Istanze securitarie e pervasività della tecnologia rappresentano un combinato disposto di non trascurabile rilevanza. In tale prospettiva, cruciale per la crescita economica del Paese e per il successo delle singole imprese risulterà la capacità di adattamento degli imprenditori di quest’epoca.