La rigenerazione urbana gioca un ruolo importantissimo nell’evoluzione delle città – dove da diversi anni vive la maggior parte della popolazione mondiale — e rappresenta, quindi, uno degli strumenti migliori per intervenire sulla vita quotidiana di molte persone. I processi di trasformazione possono avere, tuttavia, effetti positivi solo se sono ben programmati, attuati e gestiti. Proprio la programmazione ha a lungo rappresentato il punto debole delle politiche di rigenerazione, in particolare di quelle italiane: le amministrazioni pubbliche nazionali e locali, infatti, hanno spesso mostrato una scarsa capacità di guida, portando così allo sviluppo disordinato delle città. Ne risulta un’edilizia abitativa frequentemente scollegata dalle grandi infrastrutture della mobilità e dei servizi, insieme a un’eccessiva intrusione nel micromanagement, con la conseguente esplosione della burocrazia e l’inevitabile allungamento dei tempi di realizzazione dei progetti.
Il PNRR da un lato e i grandi eventi dall’altro rappresentano due importanti fattori propulsivi per la rigenerazione urbana. Innanzitutto, perché entrambi accelerano gli investimenti e pongono scadenze vincolanti: il primo collegando l’ottenimento dei finanziamenti con l’avanzamento dei progetti e i secondi – che per l’Italia sono, nel breve termine, il Giubileo del 2025 e le Olimpiadi invernali di Milano Cortina del 2026 – per la loro stessa natura ricorsiva, fatta di tempistiche strettamente predeterminate. Inoltre, tali occasioni rendono possibile l’azione su più livelli: la rigenerazione di una città, infatti, non dovrebbe riguardare solo la dimensione abitativa tout court, ma anche tutti i servizi a essa collegati, da quelli della mobilità alle utilities, passando per gli spazi lavorativi, culturali, aggregativi, sportivi e così via.
In una logica a “cerchi concentrici” è, poi, opportuno ragionare su processi di trasformazione che non abbiano come unico orizzonte il perimetro cittadino, ma che si estendano fisicamente anche sul territorio periurbano. In altre parole, i servizi della città non possono e non devono rivolgersi solo ai residenti in senso stretto, ma devono allargarsi alle categorie più ampie dei city users e dei turisti, ciascuna di esse portatrice di necessità, ma anche di risorse e di energie che possono contribuire al rinnovamento degli spazi.
La rigenerazione urbana, del resto, oltre ad avere effetti sul vivere quotidiano, può contribuire alla ridefinizione dell’identità cittadina, innescando una vera e propria rifunzionalizzazione dei centri urbani. Se l’identità di una città non può più essere genericamente italiana, ma deve avere specificità territoriali ben definite, questo può avvenire anche attraverso precise scelte strategiche. È il caso di Milano che si definisce città della scienza, dell’innovazione e dell’università. Il successo del capoluogo lombardo nella ridefinizione della propria identità, è stato resto certamente possibile dal vivace tessuto economico, oltre da precise caratteristiche urbane, come ad esempio la superficie complessivamente contenuta e la facilità degli spostamenti al suo interno. In ogni caso, è importante notare che gli effetti di tali processi sono “glocali”: hanno, cioè, un impatto concreto sul territorio, definendo al tempo stesso nuove reti di relazione a livello nazionale, internazionale e globale. Si modifica così la percezione di chi vive, frequenta o sente anche solo parlare della città in cui tali strategie vengono attuate.
Da un punto di vista sociale, non va trascurata la dimensione di riequilibrio delle diseconomie che la rigenerazione urbana può causare – dalla gentrificazione al cambiamento del tessuto economico di interi quartieri – ponendo particolare attenzione alla redistribuzione dei suoi benefici sul territorio e sulla collettività. Combattere le fratture sociali tra città e campagna, senza dimenticare le aree interne, è inoltre necessario per non trasmettere l’idea che i vantaggi della trasformazione siano esclusivo appannaggio delle élite.
PNRR, grandi eventi e rigenerazione urbana sono anche collegati dalla dimensione temporale del loro sviluppo: gli effetti e i possibili benefici di ciascun intervento potranno essere valutati pienamente non prima di un decennio. Ciò rende ancora più importante la fase di progettazione, che deve partire dall’ascolto dei territori e dal coinvolgimento di tutti i portatori di interesse, anche per evitare le fratture sociali già menzionate. Per quanto quella dei finanziamenti sia una leva irrinunciabile per l’avvio di progetti davvero ambiziosi, una strategia efficace deve partire dalle esigenze reali e non dalle “semplici” disponibilità economiche. Altrettanto importanti sono le considerazioni sull’eredità dei grandi eventi: ragionare ex ante sul lascito di una grande manifestazione può offrire elementi essenziali nella definizione di un progetto valido. La fase intermedia di realizzazione e di gestione dei progetti, infine, trarrebbe probabilmente beneficio se si passasse da una logica di “straordinarietà” – certamente insita tanto nei grandi eventi quanto nel PNRR – a una di ordinarietà, fatta di dialogo tra istituzioni, amministrazioni e cittadini e di nuovi modelli di gestione che sappiano andare oltre l’urgenza.
In questo scenario, un ruolo importante è rivestito dal patrimonio immobiliare pubblico, ricco e variegato ma spesso bisognoso di recupero e rifunzionalizzazione. Da un lato l’apertura quotidiana alla cittadinanza degli spazi esistenti e dall’altro la creazione, senza ulteriore consumo di territorio, di nuove strutture e nuovi servizi più esclusivi — anche legati al turismo e in generale al leisure — possono costituire l’ossatura di una rigenerazione dei centri urbani che sia socialmente, economicamente ed ecologicamente sostenibile.