Vai al contenuto

Sfida olimpica. Politica ed economia dello sport

  • Roma
  • 17 Luglio 2024

        Un secolo dopo Parigi 1924 i nuovi Giochi ospitati dalla capitale francese sono un appuntamento molto atteso. E l’attenzione della Francia, abituata a mantenere una proiezione globale, non è solo sui risultati sportivi: l’Eliseo vuole proporre l’immagine di un Paese aperto, sostenibile e attraente per capitali e persone da tutto il mondo. Del resto, la stessa Europa, che ha inventato le Olimpiadi, antiche e moderne, si trova davanti a una sfida di immagine: quella di continuare a organizzare Giochi che siano davvero globali, in un mondo in cui nascono competizioni alternative, come i Brics Games lanciati dalla Russia. 

        Dopo l’aggressione a Kiev, Mosca è la grande esclusa ai prossimi Giochi in base ai principi del Comitato Olimpico internazionale. L’invasione dell’Ucraina all’avvio delle Paralimpiadi invernali di Pechino, tuttavia, è solo l’ennesima rottura della tregua olimpica da parte di Putin che nel 2008 aveva invaso la Georgia e nel 2014, in occasione dei “suoi” Giochi invernali a Sochi aveva annesso la Crimea. Quella russa con le Olimpiadi è, del resto, una relazione complicata: l’Unione Sovietica ha partecipato per la prima volta ai Giochi solo nel 1952. In seguito con Kruscev ha deciso di investire nella competizione, lanciando una sfida agli Stati Uniti e ottenendo primati nel medagliere a Melbourne, nel 1956, e a Roma, nel 1960. Il crollo del blocco sovietico e del suo immenso retroterra geografico hanno fatto perdere a Mosca la rilevanza sportiva, ma non l’intenzione di usare lo sport per promuoversi, come i massicci investimenti per Sochi dimostrano. 

        Lo sport è idealmente chiamato a mantenere la propria indipendenza dalla politica, ma — come indica la presa di posizione elettorale di alcuni giocatori francesi durante l’ultimo Campionato europeo di calcio — diventa spesso palcoscenico dell’attualità. A volte si tratta di un palcoscenico controverso come quello degli ultimi Mondiali del Qatar, nel 2022, o di quelli del 2034, attesi in Arabia Saudita; manifestazioni per cui molti osservatori internazionali hanno posto e continuano a porre il tema dei diritti. 

        Il dibattito intorno ai grandi eventi dimostra, in ogni caso, il grandissimo potenziale sociale dello sport. Questo si declina nell’esempio offerto dagli atleti con la loro preparazione — fisica, ma anche psicologica — in attesa delle competizioni. Ma anche nel ruolo che successi e sconfitte sportive possono avere nella coesione sociale delle diverse nazioni, senza dimenticare, peraltro, come la domanda di attività e impianti sportivi sia significativamente  aumentata dopo l’esperienza della pandemia da Covid. Oggi in Italia le infrastrutture sportive rappresentano ben un quarto degli investimenti realizzati dagli enti locali: per la prima volta, lo sport è diventato il principale capitolo di spesa delle amministrazioni. Anche se la spesa per ogni singolo impianto è contenuta, con un ordine di grandezza sulle centinaia di migliaia di euro, questo tipo di investimenti ha un impatto sociale sicuramente molto elevato.

        Mancano all’appello, invece, i grandi impianti, ad iniziare dagli stadi che in Italia sono fra i più vetusti d’Europa. Eppure, come dimostrano i recenti casi di Polonia o Turchia è possibile realizzare arene moderne, in tempi contenuti, generando ricadute positive sull’economia e sull’immagine del Paese. In questo ambito l’Italia deve superare numerosi freni burocratici, ma anche investire con più convinzione sulla formazione. Lo sport è passione, ma ha bisogno di professionalità capaci di gestire le risorse economiche e umane. In un’Olimpiade – come in un Campionato di calcio –  le vittorie nel medagliere dipendono largamente da tutto l’enorme lavoro che c’è dietro ogni evento e ogni squadra. La gestione corretta di una manifestazione, così come delle tante competizioni sportive quotidiane, diventa, quindi, un modo per aumentare la rilevanza della pratica sportiva, favorirne la diffusione, aumentarne l’impatto economico e sociale.