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Transdisciplinarità e academies: nuovi lavori, nuova formazione

  • Roma
  • 23 Giugno 2024
  • 24 Giugno 2024

        La formazione è un elemento essenziale in un mondo del lavoro che sta cambiando ai ritmi della rivoluzione digitale. La sua necessaria evoluzione presenta una doppia sfida che coinvolge da un lato il mondo educativo — dai primi anni di scuola fino all’università — e dall’altro quello degli attori economici. 

        Il quadro è complesso a livello globale, ma l’Italia sconta difficoltà specifiche. In primo luogo, il Paese presenta un problema demografico che già sta generando discrepanze fra la domanda e l’offerta di lavoro. Non meno importante è l’aumento delle fratture all’interno dei territori, in uno scenario nazionale che non vede più solo un Nord e un Sud lontani fra loro, ma è come se registrasse la presenza di tanti Nord e tanti Sud distanti per competitività, redditività e innovazione. 

        Il digitale — e in particolare l’intelligenza artificiale (IA) — rischiano, in questo modo, di diventare un moltiplicatore di diseguaglianze se non vengono accompagnati da scelte adeguate in ambito formativo e aziendale. In particolare, la decisione di utilizzare l’IA come co-pilota, capace di sostenere il ruolo del capitale umano, presenta alcuni aspetti critici: se non è supportata da una comprensione e da un training adeguati, l’investimento diventa poco efficiente, portando a preferire soluzioni che sostituiscono, anziché affiancare, le persone. 

        Le esperienze in questo campo indicano qual è il cuore del problema formativo: non solo in Italia mancano le competenze digitali, ma serve soprattutto la capacità analitica e critica di far funzionare le nuove tecnologie. L’IA è un interlocutore con infinite informazioni ma non è in grado di metterle a frutto nel problem solving. Diventa quindi fondamentale, per la persona che la usa, porre le domande corrette per massimizzare il potenziale della tecnologia e innalzare le proprie mansioni. 

        La formazione, quindi, non deve più offrire mere nozioni, che verrebbero superate in pochi mesi dalle evoluzioni del digitale: il suo obiettivo è quello di formare i giovani per lavori che non sono ancora stati inventati, con tecnologie non ancora progettate, al fine di risolvere problemi che non sono stati nemmeno formulati. È necessario quindi offrire il metodo, insieme a quella capacità di “imparare a imparare” che da sempre è centrale nello sviluppo di un pensiero critico. 

        In questo senso la transizione digitale si deve alimentare — nell’accademia e ancora di più nella formazione aziendale — con un costante processo di learning by doing, in cui le persone si misurano con le tecnologie, familiarizzano con esse e utilizzano al meglio le proprie capacità critiche per proporre nuove soluzioni. 

        Come è evidente, uno scenario di questo tipo presenta un forte impatto sull’offerta educativa e formativa. Da un lato, alcuni sistemi tradizionali — come quello italiano che storicamente ha puntato sulla solidità della formazione di base — possono riscoprire i propri punti di forza, perché in un mondo che cambia così rapidamente sono proprio le basi delle diverse discipline a rappresentare una bussola per orientare studenti, ricercatori e professionisti. 

        Dall’altro lato, però, la solidità di queste basi si deve misurare con la necessità di un vero approccio transdisciplinare, da intendersi come un cambio di paradigma che porta a diverse integrazioni interdisciplinari in un sistema aperto. Si tratta di un mutamento radicale che non è semplice comprendere e applicare da parte dei singoli e delle organizzazioni. 

        A ciò si aggiunge la complessità di un universo formativo che ha visto negli anni affermarsi il digitale attraverso i massive online open courses (MOOC), obbligando le università tradizionali a interrogarsi sul proprio ruolo in un mercato della formazione superiore diventato rapidamente globale. L’IA rende questi strumenti ancora più efficaci, perché permette soluzioni personalizzate per i diversi studenti, creando percorsi meno di “massa” e più mirati, conciliando un’alta qualità con l’accessibilità dei contenuti, oltre che del tutoring, a distanza. 

        L’evoluzione del mondo universitario si deve confrontare, poi, con l’importante crescita delle academies aziendali. Una realtà che diventa sempre più centrale per i processi di upskilling e reskilling richiesti dal mondo del lavoro, in un mercato contraddistinto dalla costante evoluzione delle competenze. L’università — fedele al proprio compito basilare, quello di trasformare la ricerca in strumenti —  diventa così una tappa di un percorso formativo che si articola sull’intera vita attiva (life-long learning), costruendo un dialogo costante con le altre realtà del settore. Del resto, un’interazione proficua fra i diversi attori della formazione rimane la strada vincente per assicurare quella preparazione transdisciplinare che non solo fa crescere l’individuo, ma si trasforma anche in un’occasione di sviluppo per territori e filiere, fino a generare effetti benefici sul sistema economico nel suo complesso.