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Intervento di apertura di Giulio Tremonti in occasione della II edizione della Conferenza “La battaglia di Pavia e il futuro della difesa europea (1525-2025)”

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  • 25 Novembre 2023
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Intervento di apertura dell’On. Prof. Giulio Tremonti Presidente, Aspen Institute Italia,  Presidente, Commissione affari esteri e comunitari, Camera dei Deputati

  1. Anche quest’anno – questa è la seconda volta dall’anno scorso – anche quest’anno siamo tornati… sul luogo della battaglia!

E ci resteremo fino al 2025, quando sul calendario si conterà mezzo millennio dal 1525.

L’anno scorso ho citato la “Tempesta” di Shakespeare, dove è scritto: “what is past is prologue”.

Questo per marcare la continuità della storia e, di riflesso, le analogie tra come era stato a Pavia e come si combatteva in Ucraina. 

Nella battaglia la novità portata sulla scena erano le armi da fuoco, usate in campagna dalla fanteria che, schierata nella boschina, sparava con i suoi archibugi montati su treppiede contro la cavalleria corazzata francese, allora l’arma più potente d’Europa. 

E così non era solo l’arma da fuoco a battere l’arma bianca, era anche la nobiltà che cedeva il posto al popolo.

Da allora, e l’avrebbe capito a sue spese il cavalier De Lapalisse, la guerra non sarebbe più stata solo un gioco per nobili.

Come a Pavia, in Ucraina già allora erano le armi elettroniche contro le armi convenzionali, cyberwar verso guerra di trincea.

Ad un anno di distanza oggi vediamo nel medioriente un’altra “guerra” e una guerra non dissimile, con lo scontro tra modernità assoluta e, come nel passato, immagini di tragica realtà umana.

Oggi può essere interessante riflettere sulle cause di queste due guerre, cosa oggi le accomuna, quale ne è la comune matrice politica.

  1. Nel maggio del 1994 fu firmato a Marrakesh in Marocco il Trattato WTO, un trattato che linearmente e pacificamente avrebbe dovuto estendere nel mondo i suoi effetti positivi.

In realtà, poco dopo, nell’autunno del 2001 vennero ad emergere due fenomeni opposti. 

Il mondo asiatico, con la Cina al centro, reagì in modo assolutamente positivo: dopo il muro di Berlino, cadeva anche quello di Pechino.

Il mondo arabo, per una sua parte, reagì invece in modo opposto.

New York è una città di grattaceli, ma tra i tanti, e non per caso, l’11 settembre viene centrato il World Trade Center. 

Un attentato contro l’empietà blasfema della società occidentale, la difesa barbarica delle identità e delle tradizioni, delle memorie e dei costumi.

E, se ci si fa caso, oggi la guerra di Putin non è diversa, una guerra fatta in nome della tradizione imperiale e della difesa patriottica contro la corruzione tipica dei costumi occidentali.

  1. La globalizzazione è stata un’utopia, l’ultima utopia del novecento: 

– SOPRA, il mercato, che si pensava capace di produrre una pace mercantile universale e perpetua;

– SOTTO, chiamati ad adeguarsi al mercato, c’erano invece gli stati, le società, gli usi, i costumi, le tradizioni. 

Il presidente Obama si insediò dichiarando: “non abbiamo il passato, abbiamo solo il futuro”. 

In realtà non è andata così ed oggi si vede che non va proprio così.

La storia ha fatto una delle sue grandi svolte e questa volta all’indietro ed oggi è sempre più evidente che al “global order” ipotizzato con il WTO, per tanti fattori di squilibrio si sta sostituendo un “global disorder”.

Ed è proprio nel global disorder che la guerra è tornata, trovandovi il suo habitat naturale.

Ed è così che oggi si replica, un “mundus furiosus”, non diverso da quello in cui Shakespeare fa dire ad Amleto: “Time is out of joint”.

Tanto “out of joint” da creare anche un paradosso: oggi è proprio la guerra che in occidente sospende le altrimenti inevitabili crisi finanziarie.

  1. In questo scenario, quanto ci è stato detto dal ministro Crosetto è essenziale.

Lo spirito, la ragione di questo incontro non è infatti solo quello di commemorare il passato. 

Certo a Pavia faremo anche questo, ma oggi il senso dei nostri lavori è quello di guardare al presente ed al futuro.

Un futuro nel quale la difesa torna ad essere un bene pubblico essenziale.

Nel 1917 Luigi Einaudi espresse in modo lapidario il principio che l’interesse economico è subordinato ai più alti interessi umani e lo espresse citando la celebre frase di Adam Smith: “per una nazione importa più essere indipendente che ricca”.

La difesa che, per alcuni decenni era stata obliterata dall’economia, e così dall’illusione della pace universale, la difesa torna oggi ad essere centrale ed essenziale.

Essenziale nella nostra coscienza civile ed essenziale nella dimensione nazionale ed internazionale.

Una idea, quella della difesa che, per noi, può essere solo occidentale ed europea.

Nel 2003 nel suo semestre di presidenza il Governo italiano propose di emettere eurobond per finanziare le infrastrutture e l’industria militare europea.

La proposta fu respinta ovviamente da parte tedesca, ma anche da parte inglese: sarebbe stato “nation building, no thanks”.

Oggi finalmente abbiamo gli eurobond e dobbiamo applicarli dove è necessario: anche per la difesa e intelligence comune europea.

Per concludere proprio questo è il senso delle riflessioni che faremo oggi e che continueremo a fare con voi a Pavia e naturalmente non solo a Pavia.

Grazie!