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Formazione e competenze:il lavoro nel tempo delle nuove sfide

  • Roma
  • 5 Dicembre 2023

        In un periodo di grandi trasformazioni del mondo del lavoro è importante identificare le sfide prioritarie e decidere quali siano le principali leve di intervento. In linea generale, risulta fondamentale l’adozione di un approccio analitico che permetta di distinguere opportunità e minacce e favorisca l’individuazione di eventuali strumenti correttivi.

        La discussione si è fondata sul Rapporto 2023 Rispondere alle esigenze globali: nuovi lavori, nuova formazione realizzato dall’Osservatorio permanente Nuovi Lavori = Nuova Formazione che Aspen Institute Italia ha costituito nel 2022 nell’ambito della comunità dei Talenti italiani all’estero.

        Le sfide più autentiche, evidenziate dal Rapporto, emergono dall’incrocio delle grandi emergenze di questo tempo: quella climatica e ancor di più quella tecnologica che, segnata dagli irrefrenabili sviluppi dell’Intelligenza Artificiale (IA), sta già dettando il passo di una radicale conversione dei processi. A queste si affiancano la transizione educativa e culturale che, a fronte di una crescente domanda di specializzazione, vedono affermarsi attitudini semplificatrici verso l’informazione, fino a raggiungere un vero e proprio scetticismo nei confronti della scienza. Ultime, ma non meno importanti sono le questioni democratica, demografica e sociale. 

        Il 57° Rapporto Censis sulla situazione sociale del Paese, presentato il 1° dicembre 2023, mostra come sia cambiata, da parte dei giovani, l’attribuzione di senso al lavoro, quale “espressione della vocazione e dello sviluppo della persona e delle comunità” comportando un sostanziale rovesciamento rispetto al passato. Per il 62,7% degli italiani – sottolinea il Rapporto – il lavoro non è più centrale nella vita delle persone.

        L’insieme di questi elementi, in un contesto segnato dalla crescente volatilità economica e geopolitica, restituisce uno scenario di incertezza diffusa e di ripiegamento individuale, ben testimoniato dalla tendenziale disaffezione verso il lavoro come valore identitario e dall’insorgenza di timori e resistenze, diversamente fondati, nei confronti del progresso, in particolare dell’affermazione dell’IA. Poiché queste tendenze rappresentano un importante ostacolo nel perseguimento di livelli di benessere maggiori, è necessario sviluppare un dibattito obiettivo, in particolar modo per quanto riguarda la tecnologia.

        Una questione centrale è rappresentata dal saldo netto occupazionale derivabile dall’automazione di molti processi produttivi. Si tratta di un fenomeno difficilmente quantificabile, mentre appare evidente il potenziale di efficientamento dispiegabile ricorrendo all’IA in diversi campi: dalla medicina alla giustizia, nella formazione e nelle professioni, a livello burocratico quanto operativo. Eppure la resistenza all’innovazione è diffusa tanto nel settore pubblico quanto in quello privato della piccola e media impresa, un atteggiamento riconducibile a una scarsa flessibilità professionale, a una limitata cognizione dei potenziali vantaggi e a una sostanziale preoccupazione occupazionale.

        In merito al tema occupazionale, solo una società e, soprattutto, una leadership fondate su valori forti e non negoziabili possono garantire che l’IA non si sostituisca semplicemente all’uomo, ma lo accompagni nell’efficientamento delle sue funzioni. Emerge a questo proposito il significato di una solida educazione al pensiero critico e scientificamente fondato, grazie al quale sarà possibile instaurare una collaborazione positiva e non alienante tra macchina e umano. Vale anche la pena di sottolineare come molte professioni, per non estinguersi, dovranno essere adeguatamente sottoposte a processi di ridefinizione, sia nelle mansioni che nelle competenze richieste.

        Giocoforza le nuove coorti di lavoratori matureranno una sana attitudine all’adattamento: obiettivo sempre più centrale dei percorsi formativi deve essere, quindi, l’educazione alla trans-disciplinarità, cioè verso un’attitudine a recepire e sviluppare nuove competenze in un processo di apprendimento che prosegue lungo l’intera carriera professionale. Eppure, per comprendere a pieno i vantaggi dell’IA è importante anche una maggiore “socializzazione tecnologica”: a tal proposito i lavoratori più anziani potrebbero beneficiare di processi di apprendimento inversi in cui siano i più giovani a fare da mentori, sviluppando a loro volta una migliore capacità di inserimento nella professione.

        In ogni caso, persiste la sfida di coinvolgere l’intera platea sociale in questo grande sforzo collettivo, tanto più ardua e necessaria in decadi di profonda disaffezione partecipativa. Fondamentale in tale percorso è il ruolo delle istituzioni educative, fin dall’infanzia. Il mondo contemporaneo richiede la capacità di formulare e recepire cognizioni complesse e le tendenze semplificatrici sono foriere di inganni collettivi e inibizione del progresso.

        Negli anni nell’istruzione superiore è, poi, importante che, su una comune base trans-disciplinare, i singoli individui maturino competenze verticali e specialistiche particolarmente centrate sulle esigenze del proprio campo di professionalizzazione. Un campo in cui diventa centrale il contributo virtuoso offerto dalle collaborazioni tra aziende e università.

        Eppure serve anche ricordare come, di fronte alle attuali necessità di automazione, la digitalizzazione stessa rappresenti ancora un processo per molti versi incompiuto. Una lacuna che il Paese dovrà colmare per evitare, nel mondo del lavoro, inefficienti segmentazioni funzionali.

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