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Attività

Tutela e valorizzazione della proprietà intellettuale

    • Incontro in modalità digitale
    • 22 Marzo 2021

          A poco più di un anno dall’inizio della pandemia, la notevole attenzione sui ritardi e sulle difficoltà della campagna vaccinale sta facendo perdere di vista un dato di fatto fondamentale: la realizzazione di vaccini anti-Covid in meno di 12 mesi è uno straordinario successo della scienza, insperato per la sua rapidità e raggiunto grazie alla collaborazione fra attori pubblici e privati. Il clima di cooperazione che ha portato a questo risultato non deve venire meno ora nella gestione della produzione del siero e nella sua distribuzione.

          Certamente le autorità nazionali ed europee hanno il diritto di considerare, per aumentare la velocità di immunizzazione, tutte le opzioni sul tavolo. Tuttavia, c’è un elemento che non va dimenticato: i brevetti sono stati un fattore abilitante nella corsa alla realizzazione dei vaccini e non un ostacolo.

          La ricerca è un processo molto oneroso in termini di tempo, oltre che di risorse economiche e professionali, e questo aspetto nel settore farmaceutico è ancora più evidente per i rischi elevati collegati alle ridotte possibilità di successo nelle prime fasi degli studi clinici.

          La farmaceutica è riconosciuta dalla Commissione Europea come il primo comparto per investimenti in ricerca e sviluppo a livello continentale, con ricadute importanti sulla disponibilità di cure innovative per i cittadini. La proprietà intellettuale e la sua tutela sono il motore che spinge questi successi: hanno accelerato la reazione alla pandemia e saranno ancora cruciali ora che si devono cercare nuove soluzioni per le varianti del virus.

          In questo scenario è necessario capire quali siamo gli strumenti a disposizione di imprese e governi per affrontare quello che è attualmente uno dei principali problemi della campagna vaccinale: la disponibilità di fiale. Le industrie stanno lavorando in collaborazione anche con i competitor per trovare nuovi siti produttivi. In quest’ottica l’ipotesi di licenze obbligatorie non solo non tiene conto dello sforzo che il settore sta portando avanti, ma sottovaluta anche i tempi necessari al processo di realizzazione. Il bisogno di tecnologie e personale qualificato richiede fino a 8 mesi di preparazione prima dell’effettivo avvio della produzione, rendendo l’obbligatorietà della licenza uno strumento inefficace ad affrontare la necessità immediata di dosi.

          In questa e in altre sfide poste dalla pandemia, l’Unione Europea continua a essere un attore importante. Da un lato ha offerto un grande appoggio alla ricerca e all’industria quando ancora non si avevano evidenze sugli esiti dello sviluppo, permettendo di accelerare nell’individuazione di vaccini. Dall’altro ha lavorato e sta lavorando per garantire l’accesso delle fiale a livello continentale, in un mercato non semplice perché molto frammentato e contraddistinto da elevate barriere dettate dalla regolamentazione nazionale.

          L’Europa, inoltre, continua a difendere un modello basato sulla complementarietà fra diritto alla salute e tutela della proprietà intellettuale. Si tratta di una difesa portata avanti anche in forum internazionali, dove esistono pressioni di Paesi che, dietro alle critiche contro i brevetti, celano importanti interessi industriali. Un tale approccio globale è fondamentale perché quella attuale è una fase delicata non solo per la lotta al Covid: la governance e i modelli di collaborazione fra diversi attori che stanno emergendo saranno, infatti, essenziali per le future sfide sanitarie. In questo quadro difendere la possibilità di tenere insieme salute e proprietà intellettuale significa non solo tutelate la competitività della ricerca e dell’industria europee, ma anche continuare a sostenere il progresso scientifico e il miglioramento delle condizioni sanitarie nel mondo.

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