L’attuale crisi finanziaria, che ha una natura evidentemente sistemica, è condizionata in questa fase soprattutto dalla percezione dei fattori di rischio legati alla fragilità dell’economia reale e del sistema bancario. Gli sforzi compiuti in campo politico, economico e monetario – a livello nazionale ed europeo – sembrano aver prodotto unallentamento delle pressioni speculative sui mercati e un timido recupero di fiducia da parte degli investitori internazionali. Tuttavia la stabilizzazione dei mercati finanziari, che deve continuare a essere perseguita, è solo una condizione necessaria ma non sufficiente per riavviare i percorsi di ripresa dell’economia reale.
Con la crisi legata al debito sovrano il sistema bancario, che soprattutto in Italia come nel resto dell’Europa continentale svolge un ruolo fondamentale di cerniera tra mercati finanziari e base produttiva, continua ad affrontare un quadro difficile sul piano del funding, con costi di raccolta del capitale sfavorevoli se non proibitivi. La conseguenza è una politica del credito sempre più restrittiva che si traduce, peraltro, in una crescente sfiducia degli italiani verso le imprese bancarie. Non solo, ma con il dipanarsi della crisi si avvertono più chiaramente gli effetti “pro-ciclici” della regolamentazione internazionale (in termini di capitale, rating e liquidità) che, paradossalmente,aggravano la situazione e impediscono il ritorno alla piena funzionalità del sistema bancario.
In questo frangente l’ingente risparmio italiano,se trovasse adeguate forme di canalizzazione verso il finanziamento delle imprese e delle infrastrutture, potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel riattivare i percorsi di investimento e sviluppo del tessuto produttivo nazionale. Tuttavia la ricchezza delle famiglie italiane è, in modo preponderante, investita in asset immobiliari più che in attività finanziarie. Interventi di stimolo al mercato immobiliare, per esempio con l’introduzione di schemi di garanzia sui mutui ai privati, potrebbero riavviareil comparto favorendo anche un progressivo ri-bilanciamento della ricchezza delle famiglie verso investimenti di natura finanziaria. A sua volta, l’investimento finanziario potrebbe trovare uno sbocco anche nel capitale di rischio delle imprese italiane consentendo un rafforzamento dei loro livelli di capitalizzazione e la raccolta di risorse per lo sviluppo e la crescita.
Il rafforzamento della struttura finanziaria delle imprese italiane è quindi un passaggio chiave, non solo per superare la stretta (se non il prosciugamento) dei canali creditizi tradizionali, ma anche per l’effettivo rilancio dell’economia reale. Gli investimenti in ricerca e sviluppo, o i necessari percorsi di crescita dimensionale delle imprese italiane mediante aggregazioni e acquisizioni esterne, dovrebberoinfatti essere sostenuti soprattutto con capitali a titolo di rischio e non con il debito. In questo senso, per vincere le storiche resistenze all’apertura del capitale a soci esterni da parte di molti imprenditori italiani, sarebbero opportuni incentivi fiscali alla patrimonializzazione delle imprese e alla quotazione in Borsa.
Non sono peraltro solo il settore bancario, le famiglie o le imprese gli attori che devono giocare un ruolo centrale nel rilancio dell’economia italiana. La sfera pubblica e politica è anch’essa chiamata a un impegno chiaro e senza incertezze sul consolidamento fiscale, che deve tradursi innanzitutto in una riqualificazione (forse più che riduzione) della spesa pubblica. Sono infatti molte le aree di inefficienza della pubblica amministrazione che in questo momento ostacolano o rallentano le spinte verso la ripresa economica. Un chiaro esempio sono i gravi ritardi nei tempi di pagamento verso il settore privato da parte delle amministrazioni pubbliche: interventi normativi di razionalizzazione potrebbero facilmente disincentivare e correggere tali comportamenti che hanno pesanti ricadute negative sul sistema produttivo.
Il consolidamento fiscale è quindi la cornice in cui inserire un ventaglio di interventi che rimuovano i freni allo sviluppo degli investimenti privati e incentivino il rilancio dei processi produttivi e di consumo. Fra gli obiettivi da perseguire in via prioritaria vi sono il miglioramento dei tempi e dell’efficienza della giustizia civile, l’aumento della produttività non solo mediante la riduzione della pressione fiscale sul lavoro ma anche mediante investimenti in capitale umano legato alla ricerca e all’innovazione, e il riequilibrio della posizione patrimoniale di banche e imprese. Ma un ruolo non secondario ha il ripristino del rapporto di fiducia e credibilità nella relazione tra economia reale e finanza, soprattutto al fine di attivare le energie imprenditoriali e un clima di aspettative positive senza le quali il Paese non può ripartire.