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Attività

Riforma della PA e competitività del sistema Paese

    • Roma
    • 24 Settembre 2014

          Più volte, nei quasi settant’anni di storia della Repubblica italiana, personaggi di grande autorevolezza, come ad esempio Guido Carli, hanno espresso giudizi estremamente preoccupati sullo stato della Pubblica Amministrazione. Oggi, dopo un lungo periodo di discontinuità dell’indirizzo politico-governativo riguardante gli apparati pubblici, la sensazione prevalente è quella di un panorama di strutture e procedure prive di guida politica. Le decisioni facili vengono prese; per le altre, nella maggior parte dei casi, prevale la strategia del rinvio. 

          C’è, quindi, necessità di una riforma generale e profonda, che non si risolva nell’ennesima sequenza di norme-provvedimento, che esauriscono rapidamente la propria efficacia e richiedono ben presto ulteriori interventi, in una sorta di “avvitamento” legislativo senza fine e senza efficacia. Occorre legiferare con profondità di visione partendo dalle funzioni, cioè dalle “radici”, secondo un calendario prefissato e, soprattutto, accompagnando le riforme con una continua opera di registrazione e misurazione degli effetti generati dalle misure prese, in modo  da poter effettuare le correzioni necessarie. Le riforme in un colpo solo sono un’illusione, i tempi sono necessariamente lunghi  e, almeno per alcuni aspetti, travalicano la durata di una legislatura.

          In questa situazione, il Governo si è mosso correttamente: ha dichiarato i propri obbiettivi, ha svolto un’ampia consultazione per raccogliere idee e punti di vista e ha poi avviato una manovra legislativa in due tempi: un decreto-legge già convertito e operante, un disegno di legge-delega ora all’esame della competente sede parlamentare. Quest’ultimo provvedimento è molto ampio, com’è necessario che sia, ed è probabile che i suoi frutti definitivi non matureranno in tempi brevi. Ecco perché da più parti si ipotizza lo stralcio delle misure più urgenti, come ad esempio quelle che limitano i poteri di autotutela delle Pubbliche Amministrazioni, e la loro immediata entrata in vigore, grazie ad un nuovo provvedimento legislativo d’urgenza.

          Tra le misure già entrate in vigore, ve ne sono diverse orientate nella giusta direzione: svecchiamento e mobilità del personale, concentrazione dei poteri anticorruzione, eliminazione di sacche di privilegio, soppressione di un’Autorità. Come era in larga misura scontato, trattandosi di un decreto-legge – si è però di fronte a un insieme di misure non organico, finalizzate soprattutto al risparmio. Occorre perciò lavorare sollecitamente al disegno di legge per completare il quadro, tenendo presenti i condizionamenti posti dall’Unione Europeo e dalla crisi economica, così come le indicazioni che provengono dal nutrito dibattito interno e, non da ultimo, l’urgenza di mettere a regime la riforma nel suo insieme. 

          Occorre, soprattutto, una nuova alleanza tra politica e amministrazione Se si guarda alle istituzioni europee è facile vedere quale sia la forza e la specializzazione dell’alta dirigenza, alla quale dobbiamo offrire un’interlocuzione italiana di pari livello, altrettanto qualificata, specializzata e legittimata. Ecco perché è necessario investire molto sulla formazione e riflettere sul ruolo unico della dirigenza che, almeno in linea di principio, sembra non concedere alla specializzazione dei manager pubblici gli spazi necessari.

          Entrando nel merito dei temi da affrontare in sede di esame del disegno di legge-delega  e nella predisposizione dei decreti legislativi, l’attenzione corre subito ad argomenti come le conferenze dei servizi, la trasparenza, le società a partecipazione pubblica e la digitalizzazione, terreno sul quale viene scontato un ritardo di quindici anni: negli anni Novanta l’Italia era all’avanguardia in Europa, ora arranca. La digitalizzazione è indispensabile per snellire procedimenti, produrre, leggere e processare dati, utilizzarli per fare trasparenza e permettere così ai “cittadini-azionisti” di acquisire direttamente elementi di informazione e conoscenza sul reale andamento dello “Stato-azienda”. Ma non basta: la digitalizzazione deve servire a trasformare il sistema-Pubblica Amministrazione.

          Resta anche forte l’esigenza di rendere operativi efficaci sistemi di misurazione e valutazione, che consentano di eliminare le sacche di inefficienza e, nello steso tempo, forniscano la base per una spending review non episodica che, anche grazie alla mappatura dei procedimenti, consenta di individuare le linee di attività ridondanti o innecessarie,  accertando l’impiego effettivo delle risorse e la loro reale destinazione all’assolvimento delle missioni per le quali sono state allocate in bilancio. A questo stesso fine bisogna anche, da una parte, collegare in maniera diretta e precisa gli obiettivi assegnati ai singoli dirigenti con quelli previsti dalle leggi di spesa, dall’altra estendere a tutti i dipendenti pubblici la valutazione finalizzata alla determinazione della retribuzione,  attualmente limitata ai soli dirigenti.   

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