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Attività

Reshaping Europe: political, economic and social challenges

    • Venezia
    • 26 Ottobre 2012

          L’Europa è a un bivio. Il vecchio continente oggi fronteggia sfide decisive per la sua stessa sopravvivenza come unità politica ed economica. Il compito non è semplice: si tratta di definire un nuovo assetto economico, politico, istituzionale, in grado di garantirne la capacità di competere a livello globale con altri sistemi economici e politici.

          Per riuscire in questo fondamentale compito, la prima domanda cui dare una risposta è anche la più essenziale e scontata: quale lo scopo di avere un’unità politica ed economica europea, anziché tanti piccoli stati? In passato, quando la costruzione europea fu avviata, la risposta era semplice e ovvia: garantire la pace in un continente afflitto da troppe guerre. Questo obiettivo è stato in effetti centrato, come il Premio Nobel per la Pace ci ricorda. Tuttavia oggi questo scopo sembra non più sufficiente. Gli Europei di nuova generazione hanno altre preoccupazioni: crescita economica e occupazione, inclusione sociale e solidarietà, mantenimento e miglioramento degli standard di vita, capacità di competere con altre economie a livello globale. In una parola l’Europa di oggi deve essere in grado di garantire ai suoi cittadini prosperità e benessere diffusi.

          Fino a qualche tempo fa il modello economico europeo era risultato efficace nel produrre ricchezza, garantendo per circa sessant’anni una fase di prosperità senza precedenti e permettendo a un numero crescente di europei di convergere verso livelli di benessere simili a quelli dei paesi di più antica industrializzazione. Tuttavia oggi questo modello è in discussione. Il mutato equilibrio mondiale, con lo spostamento di potere economico e finanziario da ovest verso est, ha profondamente modificato lo scenario competitivo internazionale. Il manifestarsi della crisi finanziaria nel 2008, tracimata nel settore reale e trasferitasi dai bilanci privati a quelli pubblici, ha accelerato quel processo di modifica degli equilibri globali che ha indotto una profonda crisi del modello economico europeo.

          Le sfide che ci troviamo di fronte sono enormi: una crescita troppo lenta, una disoccupazione che in termini giovanili sfiora punte del 50% in alcuni paesi, con conseguenze devastanti in termini di competenze dissipate e perdita di potenziale di crescita, il risanamento dei bilanci pubblici, la difficoltà di trasmissione della politica monetaria i cui stimoli non arrivano alla periferia, determinando una situazione di credit crunch e crisi di liquidità in alcuni paesi dell’Unione, la frammentazione del sistema finanziario su linee nazionali, la balcanizzazione del sistema bancario, i rischi di implosione del mercato unico.

          Dinanzi a sfide così drammatiche la risposta non può che essere contemporaneamente nazionale ed europea.

          Mentre a livello nazionale il compito è mettere in ordine non solo i conti pubblici, ma anche avviare riforme strutturali delle economie, a livello europeo l’obiettivo più grande è ridefinire una governance economica e istituzionale che risponda alle sfide attuali, risolva il dilemma austerità vs crescita, renda impensabile qualunque rischio di implosione o disgregazione dell’Unione. Per riuscire è necessario distinguere tra le azioni da intraprendere con urgenza nel breve periodo e quelle che invece necessitano di tempi più lunghi. La definizione del più appropriato orizzonte temporale è cruciale per rendere compatibili i tempi della politica con quelli, ben più rapidi, dell’economia e dei mercati finanziari. Solo una roadmap chiara e definita, in cui il disegno strategico di lungo periodo si accompagni all’individuazione di azioni concrete nel breve, permette di influire sulle aspettative dei mercati rendendo così i tempi della politica coerenti con quelli della finanza e dell’economia.

          Mentre nel breve termine sarà necessario stabilizzare i tassi di interesse attraverso politiche di austerità, nonché attraverso gli interventi della BCE, avviare il funzionamento del Meccanismo Europeo di Stabilità, creare un’unione bancaria e rilanciare riforme strutturali e politiche per la crescita, nel lungo termine sarà necessario procedere lungo una strada di maggiore integrazione fiscale (eurobond, stabilizzatori anticiclici, rafforzamento budget europeo), economica (consolidamento mercato unico, politiche industriali di lungo termine) e politica. La struttura che andrà definita dovrà necessariamente essere multi-livello, per consentire ai paesi che decidono di procedere sulla strada della maggiore integrazione di andare avanti, e a quelli che invece non scelgono la stessa strada di poter comunque fare parte di un’Unione che preservi l’integrità del suo mercato unico.

          Il compito non è facile né nel breve né nel lungo periodo. Per riuscire sono necessarie leadership – intesa come capacità di offrire visioni, elaborare soluzioni, costruire consenso – da un lato e legittimità democratica dall’altro. La legittimità è connessa alla cittadinanza: solo cittadini europei consapevoli possono avallare un processo di maggiore integrazione che implichi trasferimenti di sovranità dalla periferia al centro. La cittadinanza, a sua volta, poggia sul concetto di identità. Il sovrapporsi di spazi economici a livello europeo ha creato anche degli spazi socio-culturali. È emerso, proprio a seguito di questa crisi, uno spazio politico europeo. Sono questi elementi che stanno cominciando, già oggi, a forgiare un’identità europea.

          Siamo ancora lontani, tuttavia, dall’obiettivo di avere dei cittadini che si sentano europei, come i sondaggi dell’eurobarometro, nonché l’affacciarsi di partiti euro-fobici, dimostrano. La costruzione della cittadinanza è anche questione di diritti economici, oltre che civili. Questioni come effettiva integrazione dei mercati del lavoro nazionali, agevolazione della mobilità dei lavoratori all’interno dell’Unione, portabilità dei diritti sociali e di welfare, integrazione dell’immigrazione, diventano cruciali perché il processo di costruzione della cittadinanza abbia un valore concreto oltre che ideale. È necessario però che sia i media che i politici nazionali contribuiscano a presentare un’immagine dell’Unione Europea positiva, fatta di opportunità più che di vincoli, che consenta di cogliere l’unità nel rispetto della diversità, all’insegna del motto europeo “in varietate concordia”. Solo così potrà nascere una comunità di idee e valori che provveda le basi di un demos europeo e di un’azione politica su base continentale.