Sarà l’Asia la protagonista del prossimo secolo, l’Asia che cresce a ritmi altissimi e che al tempo stesso deve trovare ancora una collocazione stabile negli assetti economici e politici internazionali. Spetterà all’Occidente cogliere l’occasione per rafforzare cooperazione e partnership con un continente in grande espansione e crescita. Di questo e altro si è discusso nell’incontro dibattito organizzato da Aspen Institute Italia “ L’Occidente nel secolo asiatico in occasione della presentazione del libro di Kishore Mahbubani, autore di “Nuovo Emisfero Asiatico”, (EGEA 2011).
Il ritorno dell’Asia sulla scena mondiale è basato su quelli che l’autore definisce i sette pilastri: il libero mercato, scienza e tecnologia, il pragmatismo, la meritocrazia, la cultura, la rule of law e l’istruzione. Dalla combinazione di queste sette parole chiave trae origine “l’esaltante momento storico asiatico” che sembra offrire a Stati Uniti ed Europa un’opportunità di partnership e cooperazione: le nuove possibilità di business sono destinate a crescere, ma per profittare di questa occasione l’Occidente dovrebbe riuscire a porsi di fronte a queste opportunità con atteggiamento nuovo. Deve, inoltre, abbandonare un diffuso sentimento di timore nei confronti della crescente potenza asiatica.
Nel riflettere sulla grande spinta dell’Asia – una crescita nell’ultimo anno del 9% per la Cina dell’8% dell’India e del 6% per l’Indonesia – non va dimenticato che attualmente la classe media asiatica è di 500 milioni di individui, poco più della popolazione europea, ma nel 2020 arriverà a 1 miliardo e 750 milioni di persone che si affacceranno sul mercato esigendo lo stesso livello di benessere di qualità della vita e di mercato che caratterizza oggi il vecchio mondo transatlantico. Goldmann Sachs stima che nel 2050 la Cina sarà la prima economia del mondo seguita a ruota dall’India e dagli Stati Uniti: nessun paese europeo sarà tra i primi in questa classifica. È anche in queste cifre quello che Mahubani chiama il “ritorno dell’Asia”: un grande trasferiemento di potere economico mai visto prima nella storia del mondo.
Cosa significano oggi e cosa significheranno in futuro questi nuovi equilibri? Politicamente è sempre più visibile il passaggio dal Washington consensus al Bejing consensus. È ormai finito il tempo durato più di tre secoli del dominio occidentale. Inoltre, una volta terminata la guerra fredda è stato lo stesso Occidente a non aver saputo approfittare della “vittoria” e governare la transizione. Il mondo è ormai multipolare: non è solo cambiato l’equilibrio dei secoli di dominio europeo dovuto alla rivoluzione industriale, ma è al tempo stesso cambiata una regola di migliaia di anni: la logica dello sfruttamento di società umane minoritarie che dominavano le altre. Questa regola è saltata per sempre: eppure, si è fatto notare, la Cina stessa, per quanto proiettata ad essere la numero uno mondiale, non sarà un paese dominante. Di questo l’Occidente non è ancora del tutto consapevole come non è del tutto certo il prevalere di visioni eccessivamente decliniste o catastrofiste. Le parole d’ordine dovrebbero essere, allora, cooperazione e ascolto perché il ritorno dell’Asia può essere un‘occasione: è venuto il tempo per gli europei di imparare dai policy makers asiatici così come in passato sono state molte le cose che i policy makers asiatici hanno imparato dall’Occidente.