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Attività

Incontro-dibattito: L’Italia e il suo Sud

    • Lecce
    • 23 Ottobre 2009

          Parlando “dei Sud” e non più “di Sud” si è tentato, negli ultimi anni, di mitigare la permanenza della grave e irrisolta questione meridionale, cercando di far passare l’idea che, nella differenziazione tra aree del Mezzogiorno, potesse attecchire l’inizio di un generale cambiamento e di una lenta rinascita. Tuttavia, la realtà raccontata da dati e statistiche non autorizza a mitigare alcunché, e i nostri “Sud” sommati insieme compongono ancora quel Mezzogiorno italiano gravato da storici problemi (emorragia di capitale umano, ipertrofia del settore pubblico, assenza di mercato e meritocrazia, inadeguatezza della classe dirigente e quant’altro) che ne rallentano esponenzialmente la crescita e lo allontanano sempre di più dal resto del Paese segnato da una spaccatura sempre più profonda.

          Nel contesto delle politiche europee di coesione, la realtà italiana costituisce una delle aree più critiche insieme a quella del Brandenburgo, Land compreso nel territorio dell’ex Germania Est: la convergenza tra contesti regionali voluta dall’Unione Europea come necessario contorno della moneta unica si sta, infatti, realizzando in tutti i Paesi membri, seppur a velocità differenziate. Occorre tuttavia precisare che la realtà del Brandenburgo si inserisce in un contesto politico ed economico di successo: quello della rapida crescita globale dell’ex Germania Est che, in pochi anni, si è riallineata agli standard superiori della Germania occidentale. Il Brandenburgo, dunque, è più propriamente un’eccezione in quadro di riuscita coesione. Il caso del nostro Sud, invece, presenta profili di maggiore criticità.

          L’Italia non è infatti ancora riuscita a recuperare il Sud che continua a soffrire di una marginalità diffusa e di un rapido processo di isolamento.L’introduzione del federalismo fiscale e l’enfasi che ne deriverà sul binomio “autonomia-responsabilità” potrebbero costituire una buona medicina per il Mezzogiorno. Una più attenta valutazione dei risultati delle classi dirigenti meridionali che potranno muoversi con un grado maggiore di autonomia, dovrà necessariamente implicare una maggiore responsabilizzazione sugli stessi risultati valutati, in ultima istanza, dai cittadini. Ma non c’è tempo. Il Sud non può aspettare per la sua rinascita che il federalismo fiscale permei il tessuto normativo e informi come principio l’azione amministrativa e di governo. Occorrono soluzioni urgenti che nel breve periodo accompagnino il Meridione verso un compiuto federalismo fiscale. Paradossalmente, queste soluzioni devono essere di tipo centralista: o nella forma forte di vincoli e regole imposti dallo Stato, o nella forma più blanda di politiche nazionali di cornice che lascino, però, spazi di autonomia ai livelli di Governo più vicini al territorio. È in ogni caso indispensabile recuperare al più presto la perduta capacità di programmare risorse e attività: la vicenda dei fondi FAS è forse tra le pagine più tristi dell’inefficienza programmatoria del nostro Paese, il cui risultato è stata la perdita di ingenti risorse per lo sviluppo.

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