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Attività

Il Mezzogiorno: freno o potenziale leva per la competitività del Paese?

    • Milano
    • 23 Novembre 2015

          A più di centocinquant’anni dall’Unità d’Italia, il Meridione rimane il principale nodo irrisolto del Paese. Per individuare quali siano gli interventi necessari per avviare in Italia un efficace processo di convergenza regionale è interessante analizzare il percorso di integrazione e sviluppo realizzato con successo dalla ex-DDR.

          I nuovi Laender, spinti da brillanti performance sui mercati esteri e da significativi investimenti da parte delle multinazionali tedesche e straniere, vantano ormai bassi tassi di disoccupazione e alta crescita economica, a livelli vicini a quelli dei Laender occidentali. L’esempio tedesco testimonia che il rilancio di aree economicamente arretrate richiede tanto un sistema legale e istituzionale efficiente quanto capitale umano e fisico di qualità. Tutto ciò supportato da un reale e forte impegno politico, senza il quale il divario Nord-Sud non potrà mai essere colmato per davvero.

          Infatti, per trasformare il Sud da freno a potenziale motore di crescita, è necessario adottare una politica industriale nuova e lungimirante. Possibili aree d’intervento riguardano la logistica, le energie rinnovabili, la rigenerazione urbana, il turismo, e l’agroindustria. Inoltre, è necessario sostituire l’approccio top-down del passato con uno bottom-up, che permetta di identificare punti di forza e debolezza di ogni territorio, evitando di trattare il Meridione come un’area omogenea e integrata.

          Oggi il Sud Italia rappresenta un territorio dal grande potenziale, capace di combinare bellezze naturali, tradizioni secolari e produzioni d’eccellenza, ma sempre più lontano dagli standard di sviluppo economico del Centro-Nord. Questo crescente divario tra le due aree esercita un’azione di freno sulla crescita e competitività dell’Italia nel suo complesso. Rilanciare il Sud significa non soltanto ridare speranza ad un’area che rappresenta più di un terzo del territorio italiano e della sua popolazione, ma anche iniettare nuova linfa vitale per la crescita del Paese.

          La crisi restituisce un’Italia sempre più divisa e disuguale. La flessione dell’attività produttiva è stata molto più estesa e profonda nel Mezzogiorno, acquisendo una natura quasi strutturale. Contrazione della capacità industriale, disoccupazione dilagante, povertà sempre più diffusa e tassi di emigrazione giovanile in aumento rappresentano l’eredità pesante e tangibile di questi anni difficili. Nonostante i numerosi segnali di ripresa, questo depauperamento di capitale umano, sociale e imprenditoriale impedisce al Sud di agganciare la crescita europea in atto.

          I fattori di freno sono noti. Familismo amorale, inadeguatezza della classe politica locale e scarsa cultura civica hanno portato al dilagare di attività criminali, a diffuse pratiche di corruzione e al proliferare dell’economia sommersa. A ciò si aggiungono politiche per lo sviluppo che per decenni hanno portato ad un’inefficiente allocazione di risorse pubbliche, per via di inefficaci controlli sulla gestione dei fondi forniti dal governo centrale e di una scarsa attenzione nell’identificare aree geografiche e settori su cui concentrare gli investimenti.  

          Per uscire da questo quadro piuttosto sconfortante può essere utile tenere presente l’esempio tedesco per riuscire ad imporre un cambiamento di marcia e visioni altamente innovative.

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