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Attività

I talenti italiani all’estero

    • Roma
    • 19 Aprile 2013

          L’innovazione è un ecosistema complesso. Una foresta amazzonica in cui ogni attore ha un compito diverso, ma il concorso di tutti è indispensabile. La ricerca scientifica e tecnologica è un motore fondamentale, ma non l’unico. Occorrono attori pubblici e privati, grandi aziende e minuscole start up innovative, venture capitalist e mercati di borsa profondi e liquidi, giovani innovatori con talento imprenditoriale e mentor consolidati. È necessario un dialogo continuo tra imprese, università, laboratori di ricerca e pubblico fruitore, ma anche tra scienze diverse in un’ottica di multidisciplinarietà che fertilizzi lo scambio. Bisogna sapere coniugare fantasia e concretezza ed essere veloci nel pensare e nel fare. L’innovazione che questo ecosistema produce può essere radicale o incrementale; di base o applicata; può  avere natura tecnico scientifica  o artistico culturale. In ogni caso quello che conta è che produca qualcosa di veramente nuovo.

          Che modello di ecosistema vuole realizzare l’Italia? Nel Paese non mancano idee né geni individuali. Dal punto di vista della ricerca scientifica, l’Italia produce ottimi ricercatori. Dal punto di vista industriale, le cosiddette multinazionali flessibili detengono quote di export mondiale di tutto rispetto determinando un surplus della bilancia manifatturiera e ponendo l’Italia al secondo posto per manifattura in Europa solo dopo la Germania. Nel campo artistico, culturale e del design il Paese vanta dei primati riconosciuti a livello mondiale. E la creatività intesa in senso lato rappresenta un punto di forza del genio italico.

          Tuttavia risulta molto difficile mettere a sistema le individualità creative e governarle. Allo stesso modo si fatica a trasferire le idee sul mercato. Per quanto riguarda la ricerca, i dati mostrano che la quota condotta nel privato è al di sotto della media dei paesi occidentali. Inoltre, manca una cultura scientifica che permei cittadini e istituzioni. La ricerca di base curiosity driven non è opportunamente valorizzata e l’innovazione tende ad essere più incrementale che radicale. A livello di tessuto produttivo, la cultura manageriale spesso è carente e l’ambizione da parte degli imprenditori che oggi sono piccoli di diventare grandi domani si scontra con problemi strutturali e con la scelta di non diluire la proprietà. I finanziamenti, anche quando sono disponibili, fanno fatica a trovare un’allocazione che sia convincente; si rileva infatti una scarsa capacità di misurarsi su standard europei ed internazionali. In termini di mercato del lavoro, esiste un preoccupante mismatch di competenze tra domanda e offerta. A questi elementi si aggiungono: la lentezza e complessità del sistema burocratico, i tempi biblici della giustizia e l’incertezza delle regole.  Il risultato è che molti cervelli continuano a preferire la via dell’estero.

          Le cose da fare per porre rimedio alle vulnerabilità del sistema Italia sono diverse. Per colmare il gap dei finanziamenti non è soltanto necessario aumentare i fondi, quanto migliorare la capacità di concorrere a livelli internazionali per aggiudicarseli. È necessario cambiare la logica di alcune tipologie di finanziamenti che seguono ancora vecchi schemi clientelari e assistenziali soprattutto nel Sud del Paese e che invece devono seguire un processo più selettivo e meritocratico. Ciò implica la necessità di individuare le esperienze e i ricercatori di successo per continuare a dare loro supporto bloccando invece il flusso delle risorse verso realtà non meritevoli. È auspicabile attirare le individualità creative che hanno lasciato il Paese come si è fatto a ondate in India, Cina e Corea. In questo ambito una razionale politica dell’immigrazione sarebbe fondamentale per riequilibrare il saldo della bilancia dei cervelli in entrata e in uscita.

          Bisogna imparare a fare un marketing efficace del brand Italia e del made in Italy. È emersa inoltre la necessità di promuovere la  cultura scientifica e la predisposizione all’innovazione a partire dalle scuole.  Sempre nell’ambito del sistema educativo andrebbero rafforzati gli istituti tecnico-professionali sulla scorta dell’esempio tedesco. Sono pure necessarie profonde innovazioni in ambito istituzionale che rendano il Paese attrattivo rispetto a investimenti, cervelli, finanziamenti. Tutto ciò implica semplificare la macchina burocratica, dare certezza del diritto e delle regole, riaffermare la componente etico-civile nei processi e nelle istituzioni che fanno parte dell’ecosistema innovativo, imparare a fare delle scelte in termini di settori, istituti, territori  e ricercatori.

          Nella partita dell’innovazione, l’Italia non si muove da sola, ma è parte integrante del più ampio e complesso ecosistema europeo. L’ambito della ricerca scientifica e tecnologica è uno dei pochi campi in cui l’Unione può elaborare politiche autonome e per le quali può spendere quote consistenti del suo budget. L’Italia contribuisce ai fondi UE per la ricerca, ma non riesce ad attirare un numero sufficiente di progetti e ricercatori. È dunque necessario imparare a competere sui bandi europei affinché il flusso finanziario in uscita non sia a senso unico.

          Durante il dibattito sono state illustrate le iniziative già avviate come follow-up delle ricerche prodotte dai gruppi di lavoro interni alla comunità dei Talenti. Sono state inoltre espresse alcune proposte concrete, mirate su alcune azioni specifiche tra cui: 1) migliorare l’immagine dell’Italia all’estero; 2) riformare il dottorato di ricerca in Italia rafforzando i collegamenti con istituzioni internazionali; 3) diffondere nella scuola di domani una cultura scientifica che premi gli approcci innovativi; 4) rafforzare la capacità di imprese e ricercatori di partecipare ai bandi europei.

          Se la creatività è sintesi di fantasia e concretezza, al Paese non manca certo la prima, ma bisogna fare in modo di rafforzare la seconda. Gli atomi vanno governati e il genio individuale, nel contesto complesso della scienza e del sapere odierni, deve trasformarsi in genio collettivo.