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Attività

Gli investimenti pubblici per rafforzare l’economia reale del Paese

    • Milano
    • 19 Gennaio 2009

          Nella storia di un Paese si succedono fasi nelle quali bisogna costruire e fasi in cui si deve distribuire la ricchezza prodotta. L’Italia, investita dalla crisi internazionale, si trova oggi nella prima condizione e intende sostenere la propria economia attraverso la realizzazione di nuove infrastrutture, per generare così posti di lavoro e agevolare lo spostamento di persone e merci.

          Negli ultimi 20 anni, la finanza internazionale ha prosperato sulla domanda americana, nella convinzione che gli investimenti negli Stati Uniti offrissero una maggiore redditività. Ora che è esplosa la “bolla”, non è necessaria soltanto una riforma del sistema finanziario: si impone un cambiamento che coinvolga l’economia reale.

          Superati questi mesi di difficoltà, il mondo paleserà una differente distribuzione del potere d’acquisto, con le produzioni finali sempre più indirizzate verso le nuove grandi economie internazionali, un tempo definite “emergenti”. Infrastrutture efficienti, in grado di velocizzare i trasporti in tutto il pianeta, diventeranno così un elemento imprescindibile.

          L’Unione Europea ha tra i suoi principali obiettivi la realizzazione di Ten, una rete di autostrade, ferrovie, porti e aeroporti, utile a incentivare la libertà di circolazione dei propri abitanti e dei prodotti. I finanziamenti comunitari, erogati dalla Commissione e dalla Bei, sono diventati un volano per gli investimenti dei singoli Stati e dei privati (da sempre timidi, dati i ritorni economici troppo lontani nel tempo). Tale strategia di rilancio dell’economia sembra confermata dalle scelte della nuova Amministrazione americana che ha annunciato l’istituzione di una National Infrastructure Reinvestment Bank, pronta a finanziare opere pubbliche per 60 miliardi di dollari.

          Quando, ormai 50 anni fa, l’Italia fu dotata di un moderno sistema di infrastrutture a sostenere tale sforzo economico e di progettazione furono innanzitutto le Partecipazioni statali e alcuni istituti bancari con approfondite competenze tecniche, come l’Imi. Oggi il Paese dispone di un numero minore di soggetti in grado di gestire un programma di project financing completo, che comprenda sia il finanziamento sia la progettazione, costruzione e gestione di un’opera: la Pubblica Amministrazione appare priva delle capacità tecniche necessarie per parlare alla pari con i costruttori, mentre i privati non raggiungono le dimensioni necessarie per occuparsene.

          I problemi nell’assegnazione delle competenze tra Stato e Regioni, la presenza di eccessivi vincoli legislativi e i continui ricorsi ai Tar da parte delle comunità appartenenti ai territori coinvolti contribuiscono a rallentare – se non a impedire – la realizzazione delle opere. E, di conseguenza, gli operatori privati fanno mancare il loro sostegno, temendo di perdere i capitali investiti.

          Per rendere la costruzione di infrastrutture un fattore anticiclico, al fine di sostenere le industrie e fornire posti di lavoro, è necessario agire in tempi brevi: per questo in Italia è stato deciso di finanziare le opere strategiche a un più avanzato livello di progettazione. È stata anche creata la figura dei commissari governativi col compito di seguire i lavori fino alla loro completa realizzazione e, per il reperimento di capitali, si punta a un coinvolgimento diretto della Cassa Depositi e Prestiti.

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