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Attività

The future of currencies: the post-crisis monetary and financial system. Implications for business

    • Cernobbio
    • 5 Novembre 2010

          Le complessità dell’attuale situazione macroeconomica globale stanno spingendo l’economia mondiale in molte direzioni diverse. Gli Stati Uniti stanno avviando una seconda tornata di allentamento quantitativo per proteggersi dal rischio di deflazione. La Cina sta consentendo un lieve apprezzamento del renminbi mentre, con il prossimo piano quinquennale, prepara la propria transizione da economia “con risorse illimitate e limitati rapporti con il resto del mondo” ad economia “che avverte il peggioramento del trade-off tra crescita e inflazione e assume un ruolo centrale negli scambi e mercati internazionali”. L’area dell’euro è ancora alle prese con la crisi del debito sovrano, mentre il dibattito sulla futura governance dell’area, compresa la possibilità di una ristrutturazione del debito, genera effetti collaterali molto negativi. Nel complesso, il bicchiere dell’economia globale appare ancora mezzo pieno, sia pure con molte incertezze future.

          Il futuro degli Stati Uniti resta nebuloso. La crescita è positiva da cinque trimestri, ma il tasso di disoccupazione resta elevato e l’inflazione al netto delle componenti energetiche e alimentari è bassa e registra un trend al ribasso. Le politiche economiche sembrano arrivate a un vicolo cieco, la politica fiscale è vicina a diventare restrittiva nel 2011 e le politiche strutturali sono pesantemente limitate dall’impasse politica. La Federal Reserve continua ad essere il responsabile delle politiche economiche di ultima istanza e ha appena annunciato una seconda tornata di allentamento quantitativo (QE2). Le opinioni sul potenziale successo di tali misure sono fortemente divise, anche se la loro efficacia appare chiara dal punto di vista dell’impatto sui prezzi delle attività. Le condizioni finanziarie, compresi i prezzi delle azioni, il dollaro e i tassi di interesse reali, hanno subìto un allentamento equivalente ad un taglio dei tassi sui fed funds di 100 punti base e molti previsori hanno già cominciato ad adeguare le proprie previsioni. Resta però da vedere se ciò potrà tradursi in un aumento dell’occupazione e degli investimenti. Alcuni osservatori internazionali sospettano che gli Stati Uniti stiano tentando di uscire dalla crisi mediante la svalutazione e che, data la stagnazione del mercato immobiliare, stiano tentando di organizzare una massiccia corsa ai rendimenti sulle attività rischiose, che potrebbe avere degli effetti collaterali molto negativi nel medio termine. Data l’impasse politica prodotta dalle elezioni di metà mandato, c’è poca fiducia che gli Stati Uniti riescano ad adottare un approccio collaborativo e si teme, al contrario, una conferma dell’attuale approccio unilaterale. Questo comportamento rischia di logorare l’attrattiva del dollaro statunitense quale valuta di riserva.

          Le prospettive per la Cina restano solide nel breve termine, anche se nel medio periodo risentono dell’invecchiamento della popolazione. Le disparità di reddito sono un problema importante che comincia ad essere affrontato con politiche a favore della crescita salariale. La valuta resta un tema politico, più che di policy, considerato il suo limitato contributo alla soluzione degli squilibri cinesi. Il dibattito sulla sottovalutazione del renminbi attira forse troppa attenzione, visto che l’FMI misura tale sottovalutazione tra il 5 e il 15 per cento ‑ un valore considerevole ma non critico. Nel contempo, la Cina è chiaramente orientata a rendere il renminbi una valuta di regolamento. La diffusa creazione di swap sul renminbi con partner commerciali evidenzia il desiderio di stringere relazioni commerciali incentrate sulla moneta cinese. Inoltre, le autorità cinesi stanno promuovendo una strategia di diversificazione delle riserve, con crescenti investimenti nelle valute di paesi produttori di materie prime(commodity currency) e attività reali. In altri termini, la Cina sta adottando un approccio multivalutario, in cui il dollaro australiano, il real brasiliano e lo yen giapponese acquisiscono crescente importanza. Tuttavia, ciò non giustifica in nessun modo il fatto che il renminbi resti ancorato al dollaro statunitense. Ciò ha il considerevole effetto negativo di sopprimere i segnali del mercato, ritardando così il risanamento dell’economia e il suo tempestivo riequilibrio a favore della domanda interna.

          Il dibattito in tema di politiche economiche nell’area dell’euro è molto complesso e unisce pericolosamente la necessità di gestire la crisi nel breve termine e quella di promuovere riforme nel lungo periodo. L’euro si è imposto quale solida valuta di riserva, accrescendo la propria quota sul totale delle riserve internazionali, ma la scarsa chiarezza circa il suo assetto istituzionale sta generando gravi dubbi tra gli investitori. I responsabili delle politiche economiche europei hanno capito che la crisi ha una forte componente strutturale e che la gestione della domanda non rappresenta una soluzione sufficiente. Tuttavia la politica delle riforme istituzionali è irta di difficoltà e la scarsa comprensione del mercato da parte dei principali attori politici si sta rivelando un limite molto oneroso.

          Nel complesso, le prospettive per le valute e per i sistemi monetari e finanziari dopo la crisi sono ancora incerte, dato che i protagonisti continuano a concentrare i propri sforzi quasi esclusivamente su soluzioni non collaborative, tese a risolvere esigenze di politica interna di breve termine.  Maggiori sforzi dovranno essere profusi per promuovere una soluzione collaborativa,  in cui l’onere dell’aggiustamento sia condiviso tra i principali paesi interessati.