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Attività

Combattere la povertà, accrescere l’inclusione: nuovi modelli di business per un ecosistema collaborativo

    • Milano
    • 27 Febbraio 2017

          Mai come oggi vi è la necessità di costruire risposte capaci di far fronte alla perdurante crisi economica. In Italia la povertà assoluta colpisce oltre 4 milioni di persone, di cui circa 1 milione sono minori, mentre altri 13 milioni di persone sono a rischio. Inoltre, le nuove forme di povertà riguardano prevalentemente, in Italia e in Europa, fasce di popolazione entrate in una condizione di vulnerabilità, da posizioni relativamente protette, dunque generano situazioni di fragilità ed esigenze nuove. Si assiste a nuovi processi di impoverimento, caratterizzati da una forte connotazione generazionale, che coinvolgono soprattutto i giovani e le famiglie numerose. Le imprese, il settore pubblico e i cittadini, pertanto, sono chiamati a un nuovo senso di responsabilità e alla necessità di elaborare nuovi modelli e strategie, basate sulla coesione, la sostenibilità e l’innovazione sociale. La sfida è raggiungere le persone coinvolte, identificando le loro reali esigenze e intercettare gli ambiti di intervento prioritari, fra i quali si colloca la creazione di lavoro per i giovani. Ma alla base di tutto –  ciò che è ineludibile – è la creazione di un senso di responsabilità umana e civile verso la persona.

          L’intrecciarsi di aspetti vecchi e nuovi delle povertà, dunque, mette il modello di welfare di fronte alla necessità di un cambiamento. Lo Stato sociale tipicamente europeo non dà più le risposte che la società richiede ed è necessario sviluppare uno schema improntato a una maggiore coesione sociale: una vera e propria welfare society dunque, che coinvolga tutti gli attori, cittadini, istituzioni e imprese. Inoltre, le dimensioni del welfare non si esauriscono in quella relativa al trattamento pensionistico monetario, ma coinvolgono sanità, assistenza e cura della persona e, dal momento che le pensioni probabilmente in futuro non saranno in grado di mantenere il livello di reddito, potrà sorgere un problema di accesso alle cure sanitarie. A fronte di una popolazione che tende a invecchiare, studiare modalità concrete per dare la possibilità di usufruire di un welfare integrato, con un giusto mix di offerta, rappresenta un imperativo fra i più urgenti.

          Il settore privato sta reagendo alla crisi sviluppando un nuovo senso di responsabilità sociale. Gli elementi più rilevanti di un modello di business a impatto sociale sono la rendicontazione, cioè la capacità essere accountable nei confronti di tutti gli interlocutori, e l’importanza delle partnership e dell’ibridazione all’interno delle organizzazioni, in modo che si crei un sistema di verifica congiunta tra i diversi attori coinvolti in attività e obiettivi comuni. Un’iniziativa estremamente interessante, che concilia business e aiuto sociale, è stata realizzata da una catena di supermercati francese, che mette in vendita, con uno sconto del 30%, ortaggi e frutta imperfetta per forma e per colore, ma dalle normali proprietà nutrizionali, altrimenti destinata a essere gettata via dai produttori. Ne hanno tratto vantaggio in primo luogo i produttori agricoli, che hanno aumentato le vendite, nonché le fasce sociali meno abbienti e la catena di supermercati, che ha visto quintuplicare il numero dei clienti.

          Il progresso frantuma vecchi processi, mestieri e consuetudini ed è l’evoluzione umana, tecnologica e sociale a rispondere di questi grandi cambiamenti. La digitalizzazione porta con sé anche possibili soluzioni, perché è l’unico mezzo che consente di scalare il sistema. Nel medio-breve periodo molti più beni e servizi verranno prodotti con meno lavoro umano. Si fa strada sempre di più l’ipotesi di reddito garantito e, con essa, la necessità di una riflessione sul rapporto fra lavoro, reddito e realizzazione delle aspirazioni dei cittadini. Così come una rivalutazione del rapporto fra l’individuo e la comunità, nella quale occorre tenere ben presenti i risvolti etici ed umani della rivoluzione tecnologica. È necessario, dunque, elaborare modalità per creare lavoro anche in questo scenario, per esempio progettando interventi selettivi, da parte del pubblico, che premino chi crea occupazione, anche con sistemi ibridi fra pubblico, privato e Ong.

          Il terzo settore è oggetto di un’enorme trasformazione: 80 mila organizzazioni non profit oggi scambiano beni e servizi sul mercato. La dimensione imprenditoriale è diventata quindi già uno strumento per produrre socialità. Dall’altro lato, nel for profit la socialità può essere uno strumento per produrre competitività: quindi quello delle imprese ibride è uno strumento interessante, poiché è in grado di tenere insieme sviluppo e nuovi modelli di welfare. 

          Nel frattempo nascono nuovi e virtuosi modelli internazionali cui fare riferimento, come Action Tank. Un’iniziativa, nata sei anni fa, che mette insieme alcune multinazionali, il settore pubblico, alcune Ong specializzate nella lotta alla povertà e il mondo accademico, per sviluppare progetti di utilità sociale in Francia. Action Tank ha sperimentato il suo approccio in diversi campi, che vanno dalla nutrizione infantile alla costruzione di alloggi sociali, passando attraverso le assicurazioni e la mobilità, e ogni progetto viene preceduto da una importante fase di sperimentazione. L’obiettivo è ridurre il costo di accesso a certi prodotti e servizi, e riprogettarli, tenendo conto dei bisogni specifici del target, mantenendo una qualità elevata. La principale spinta che muove i fondatori di Action Tank e induce le aziende a sposarne i progetti è l’opportunità, per queste ultime, di ritrovare il senso della propria attività e tornare a credere che il proprio lavoro non sia finalizzato al mero profitto, ma a dare la possibilità a migliaia di persone di accedere a prodotti e servizi che migliorino la qualità della loro vita.

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