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Attività

Business e comunità creative: un cambio di paradigma per le organizzazioni

    • Milano
    • 3 Luglio 2017

          È normale consuetudine pensare alla creatività come a un’espressione geniale del singolo, oppure ad associarla a una stravaganza e ad un’inconsistenza tanto lontane dal meccanismo economico e dal business d’azienda. Inoltre il concetto di creatività artistico/estetica e di creatività economico/produttiva vengono spesso percepiti come contrapposti.

          La creatività, in verità, è oggi riconosciuta come una forma di intelligenza, se non come un’attitudine nei confronti della vita: significa essere pronti a risolvere problemi, trovare soluzioni alternative, lavorare alternando momenti di immaginazione e fantasia a momenti di consapevolezza della realtà e delle potenzialità degli strumenti e dell’ambiente. Significa anche fare i conti con i limiti e i vincoli dati dal contesto e non con la libertà e l’assenza di regole che spesso si associa alla creatività. Si tratta di un processo non individuale, ma collettivo.

          Se da un lato la creatività individuale va valorizzata, dall’altro diventa altrettanto strategico garantire un contesto organizzativo che favorisca l’espressione del singolo, ma soprattutto che crei le condizioni affinché le diversità si incontrino e siano generative di idee che poi si traducano in azioni concrete e che considerino il relativo impatto sociale ed economico.

          Oggi  è necessario essere pronti a creare un ambiente lavorativo più aperto, dove la libertà di agire del singolo sia inserita in una compagine organizzativa moderna e sognatrice, ma allo stesso tempo concentrata sulla realtà delle cose.

          A tal proposito la leadership diventa cruciale non solo per dare istruzioni, ma anche e soprattutto per valorizzare la propria squadra. Come possibili motori e supporti alla creatività e all’innovazione acquista valore il ruolo delle competenze della curiosità, dell’intelligenza, dell’immaginazione, dell’etica, della responsabilità, del mercato produttivo, della tecnologia, della multidisciplinarietà e dell’incontro con il “diverso” (declinato anche come rapporto tra le diverse generazioni).

          Le organizzazioni di oggi dovrebbero sapere sfruttare e non reprimere, come troppo spesso accade, questa propensione degli individui a pensare e agire fuori dagli schemi.

          Aperto il dibattito sulla relazione tra creatività e innovazione: ricercare nuove soluzioni e innovare prodotti e servizi già esistenti può divenire sinonimo del raggiungimento di un progresso che entra a far parte di quello che potremmo descrivere come “circolo virtuoso della creatività”, un paradigma di miglioramento della qualità sociale. La ricerca creativa non è fine a se stessa, ma i suoi frutti entrano poi a fare parte della vita di molti individui e della collettività.

          Altro capitolo rilevante riguarda la sensibilità che le istituzioni scolastiche e universitarie dimostrano nella formazione dei giovani rispetto a questo tema.

          Investire nella creatività quando si ha una strada battuta consolidata negli anni può sembrare rischioso. Effettivamente il rischio di incorrere in errori e fallimenti è da calcolare, ma, a fronte di questo, è necessario riconoscere che dal fallimento stesso possono nascere nuove consapevolezze, nuovi spunti e idee in grado di portare sulla strada di un cambiamento in chiave positiva. Cristoforo Colombo pensava di aver trovato una nuova strada per giungere in India: fallì scoprendo l’America.

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