Il seminario, articolato in tre sessioni, ha approfondito le principali cause istituzionali, economiche e sociali che impediscono un’adeguata crescita del Sud e il suo allineamento ai livelli raggiunti al Nord.
Nella prima sessione, dedicata alle prospettive istituzionali del federalismo, è stata rappresentata l’esigenza di completare il riassetto istituzionale, attraverso la ridefinizione di alcune competenze statali e regionali, l’introduzione di una clausola di supremazia, l’istituzione del Senato federale, il riconoscimento di uno spazio costituzionalmente protetto per le autonomie locali. In questo contesto, diventa irrinunciabile il federalismo fiscale, inteso come strumento per premiare non le regioni ricche ma quelle più brave nel recuperare margini di efficienza rispetto al livello dei costi standard e per riavviare il corretto funzionamento del circuito democratico.
Nella seconda sessione, incentrata sui meccanismi di collaborazione pubblico-privato, si è evidenziato come la crisi imponga una riduzione per molti investimenti pubblici. In questa prospettiva, lo Stato deve assumere un ruolo di coordinamento e di garanzia rispetto a interventi affidata alla Cassa Depositi e Prestiti e all’iniziativa di fondi privati, come quelli per gli investimenti per le infrastrutture e per il sostegno alle piccole e medie imprese. Ciò richiede l’assunzione di un ruolo ancora più impegnativo per le grandi banche a sostegno dello sviluppo economico del sud e dell’intero Paese.
Nella terza sessione, dedicata alle ‘vocazioni’ economiche del Sud, si è evidenziata la necessità di difendere e di sviluppare, accanto ai servizi turistici e culturali, la componente industriale e manifatturiera, introducendo innovazioni gestionali e tecnologiche. Fondamentale, però, è il superamento di meccanismi assistenziali che distorcono sia il processo politico, sia quello economico.