Vai al contenuto
Attività

The next industrial revolution. Manufacturing and society in the XXI century

    • Torino
    • 14 Novembre 2014

          Sarà la produttività, non l’occupazione il motore della prossima rivoluzione industriale. E, nonostante le difficoltà di una lunga crisi, l’ala antideclinista ha buone frecce al suo arco per descrivere un futuro in cui manifattura e industria potranno continuare ad avere un ruolo centrale. Lo saranno, tuttavia, solo trasformandosi. Tre grandi realtà economiche –  Asia, Europa e Stati Uniti  – gareggeranno non solo e non più sulla disponibilità di lavoro a basso costo, ma essenzialmente su una migliore qualità degli occupati e su un maggiore valore aggiunto. In Asia ancora si assiste – ma non durerà ancora per molto – ad un aumento dell’occupazione, mentre negli Stati Uniti e in Europa cresce la  produttività.

          Lavoratori senza competenze verranno sostituiti sempre più dal capitale sotto forma di investimenti in macchinari. Quella del futuro sarà certamente un fabbrica con meno operai e più altamente specializzati, anche se probabilmente non si arriverà ad una fabbrica senza operai, dominata dalla robotica. Ma c’è ancora molto da fare: nella sola Europa – si stima – sono 900 mila i posti vacanti ad alta specializzazione. E c’è il timore che lo restino per tutto il 2015.

          Si afferma, soprattutto negli Stati Uniti, il World Class Manufacturing, una nuova concezione della manifattura basata sul miglioramento continuo: innovazioni incrementali e reiterate nel tempo possono fare la differenza. Questo ha permesso guadagni in termini di produttività e risparmi notevoli: ad esempio tra il 2010 e il 2014 FCA ha avuto minori spese per  2,5 miliardi di dollari.

          Nella rimodulazione strutturale del sistema industriale la digitalizzazione ha un ruolo strategico: le nuove tecnologiche offrono importanti opportunità sia  alle PMI, avviando una maggiore personalizzazione dei prodotti sia alle grandi imprese, cambiando totalmente il modello di business e facendo i conti con la necessità di digitalizzazione dei processi e dei prodotti. In futuro robotica e stampanti 3D cambieranno il modo di costruire le fabbriche e di gestirle: si assisterà ad una riorganizzazione intorno alla manifattura digitale di cui le stampati 3 D sono la rappresentazione più evidente, ma non l’unica. Quando il modo di produrre con stampanti 3D diverrà di massa, la rivoluzione sarà radicale: e questo varrà sia per le piccole e medie imprese che per le grandi.

          Ad un rilancio economico dei paesi avanzati potrebbe contribuire anche un’accelerazione nel 2015 del Transatlantic Trade and Investment Partnership (TTIP). Dopo le elezioni di Mid Term gli Stati Uniti potrebbero essere più decisi nel chiudere alcuni tavoli di trattativa. La vittoria dei repubblicani, da sempre favorevoli al libero scambio, potrebbe, infatti, dare un impulso importante alla definizione dell’accordo. Quello che serve è senza dubbio una riduzione degli impulsi protezionistici e una buona calibratura degli standard giuridici comuni. Una corretta e bilanciata regolazione è fondamentale per incrementare gli scambi strategici.

          Sul versante europeo i problemi non sono pochi. Gli approcci tra i vari paesi sono diversi e le differenti logiche rischiamo di inibire il processo. Non secondario il problema tedesco: si è passati da un’iniziale posizione di grande sostegno dell’iniziativa – appoggiata da Angela Merkel in persona – ad una parziale marcia indietro dettata anche da correnti contrarie del mondo economico tedesco.  

          La partita è ancora tutta da giocare e certamente quella del 2015 è una occasione da non perdere. L’economia transatlantica  – manifattura e industria in particolare – potrebbe beneficiare di molto se venissero chiusi con reciproca soddisfazione alcuni dei tavoli strategici aperti nella trattativa TTIP: la strategia del passo dopo passo sembra migliore per chiudere comunque un accordo limitato ma ben fatto, rispetto a  quella di un accordo globale e omnicomprensivo su tutti i temi che certamente non si andrebbe a firmare nel 2015. Essendo il 2016 anno di elezioni presidenziali americane, il TTIP resterebbe fermo in attesa del nuovo inquilino della Casa Bianca e delle sue scelte strategiche.

          Industria e manifattura non solo non sono morte, ma sono destinate ad un futuro positivo, a patto che sappiano cambiare alla radice il modo di produrre e perseguano l’imperativo della produttività. E un buon accordo TTIP nel 2015 potrebbe essere un ulteriore fattore di ottimismo contro la teoria declinista.

          • Giulio Tremonti, Ferdinando Beccalli-Falco, Marta Dassù e Michele Valensise
          • Marco Fortis, Krysztof Bledowski e Giorgio Barba Navaretti
          • Carlo Calenda, Anthony Gardner e Timothy Bennett
          • Carlo Scognamiglio, Giulio Tremonti, Anatole Kaletsky e Marta Dassù
          • John Elkann
          • Gianfelice Rocca, Giuseppe Recchi e Roberto Crapelli