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Attività

L’industria dell’audiovisivo: fattore di crescita economica e unità culturale per l’Europa

    • Roma
    • 21 Maggio 2014

          Conservazione e cambiamento, protezione e apertura, dimensione domestica e proiezione globale. Ad analizzarlo solo in superficie, il dibattito pubblico sulle prospettive dell’industria italiana dell’audiovisivo sembrerebbe riflettere, e spesso banalizzare, la dicotomia semplicistica tra vecchi e nuovi soggetti sul mercato. Al contrario – come una lettura meno approssimativa subito suggerisce – la questione è ben più complessa e chiama in causa fenomeni epocali di trasformazione della società contemporanea, non solo occidentale, con ben altre dicotomie da approfondire.

          Una rivoluzione che va ascritta anzitutto agli effetti ingenerati dalla rivoluzione tecnologica e digitale e che si ripercuote a cascata tanto sui modelli di business del settore (pubblico e privato) quanto, sempre più pervasivamente, sulla fisionomia stessa del consumatore di contenuti audiovisivi. In termini più semplici, cambiano il pubblico e le sue propensioni al consumo, cioè la domanda. Cambiano, o devono cambiare, i veicoli attraverso i quali vengono offerti i contenuti, sul versante sia della produzione che della distribuzione, oltreché su quello, più generale, del contributo apportato dall’audiovisivo alla  definizione dell’identità culturale nazionale ed europea.

          Questa trasformazione, per essere decodificata nella sua complessità, va considerata in funzione di due variabili elementari ancorché determinanti: il fattore temporale e quello spaziale. Dal primo punto di vista, va da sé che ogni prospettiva di rilancio economico del settore, che in Italia produce un fatturato di oltre 9 miliardi di euro, non può non tener conto della straordinaria accelerazione attraverso la quale si dipana il cambiamento. L’innovazione legata al cosiddetto “ecosistema di Internet” procede a velocità inusitata, imponendo ai vecchi e nuovi player un altrettanto solerte adeguamento sul terreno della convergenza tecnologica, della moltiplicazione delle piattaforme, dell’interattività, della scomposizione verticale delle imprese di comunicazione, della frammentazione del mercato, della “net neutrality”. Con gli stessi ritmi, e ancora maggiori incognite, evolve anche il profilo degli utenti, sempre più protagonisti, specie tra le fasce  giovani, di un “nomadismo mediatico” che rende ormai obsoleti gli strumenti di segmentazione dell’audience utilizzati sino al recente passato.

          A questa esasperazione del fattore tempo il legislatore fatica a rispondere con soluzioni organiche e tempestive. Vale sul piano nazionale, dove ad esempio sempre più stridente viene considerata l’asimmetria tra l’iperegolazione cui devono attenersi i grandi broadcaster tradizionali e il sostanziale “far west” di cui beneficerebbero i player multinazionali, erogatori dei servizi cosiddetti “OverTheTop”. Vale altresì sul piano europeo. A dispetto delle enunciazioni di principio della Strategia di Lisbona, alla lentezza nell’adeguamento della normativa emanata negli anni scorsi si sovrappone la difficoltà di costruire un framework regolatorio e normativo unico, per il settore audiovisivo e per il più generale processo di digitalizzazione dell’Europa. Sullo sfondo, a ulteriore complicazione, l’evoluzione della nozione stessa dei diritti connessi, da quello d’autore alla tutela della privacy,  fino al diritto, di più recente statuizione, all’oblio.

          Osservato il tema da questa angolatura sovranazionale, l’altro fattore – quello spaziale – assume evidentemente una rilevanza ineludibile. A fronte di una competizione sempre più globale la dimensione europea incarna, infatti, il perimetro minimo di riferimento. Basti pensare alle ripercussioni per l’audiovisivo dei negoziati relativi agli accordi commerciali di libero scambio USA-UE,  con l’annosa querelle sulla cosiddetta “eccezione culturale”, ma anche all’emersione di nuovi dinamici attori in gioco, in Cina come in altri importanti mercati in espansione.

          In quest’ottica, lungi dall’essere unicamente una questione regolatoria, il futuro dell’audiovisivo esce dall’alveo circoscritto delle prospettive delle aziende di settore per entrare in uno scenario più allargato, in cui competitività economica e identità culturale si incrociano sull’onda del combinato disposto della crisi economica (e di investimenti) da un parte e della rivoluzione digitale dall’altra. Per rimanere in questo scenario l’Italia e l’Europa – auspicabilmente a partire dall’imminente semestre di guida italiana dell’UE – dovranno dotarsi di una visione più strategica e finalmente di sistema, nell’ideazione, produzione e distribuzione di contenuti ad alto valore aggiunto in grado di “conquistare il mondo” così come dovranno adoperarsi nella tutela del settore da squilibri e asimmetrie.

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