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Attività

L’industria al centro: un’agenda per la crescita

    • Venezia
    • 22 Maggio 2015

          Nell’edizione 2014 del seminario era emerso il quadro di un sistema industriale che, pur attraverso la crisi, aveva una buona tenuta, in particolare nel comparto esposto alla concorrenza internazionale. Nell’edizione 2015 i partecipanti hanno inteso andare oltre, proponendo un’agenda per la crescita dell’industria italiana che abbia come obiettivo non solo la tenuta del sistema, ma un vero e proprio rinascimento industriale. In questo quadro è stata presentata una ricerca a cura di Aspen Institute Italia sui driver della competitività del settore industriale italiano che, mettendo a  fattor comune le esperienze e le sensibilità degli associati Aspen esposti alle sfide imprenditoriali e produttive, individua le nuove fonti della crescita, nel medio e lungo periodo, per l’industria italiana.

          L’Italia, si è detto, è simile a un atleta che corre i cento metri con uno zaino di trenta chili sulle spalle, rappresentato dai fardelli della scarsa produttività, dell’alto costo del lavoro, del nanismo delle imprese, della fiscalità pesante, della burocrazia soffocante, del dualismo Nord-Sud. Se questa è l’immagine di riferimento, l’obiettivo fondamentale per rendere il Paese attrattivo per aziende nostrane ed estere non può che essere di alleggerire lo zaino. La parola d’ordine diventa dunque: de-complex a tutti i livelli.

          Tuttavia semplificare, non è sufficiente. Per reggere una competizione globale sempre più veloce e complicata è necessario innanzitutto innovare. È questo il driver più importante in un mondo digitale. Se tra qualche anno, tutte le imprese, a prescindere dal settore di appartenenza, potranno definirsi digitali, Industri 4.0 rappresenta l’elemento di svolta. Sono però necessari enormi investimenti: non si tratta solo di investire in ricerca e sviluppo, anche se questa continua a contare assieme ai diritti di protezione che la garantiscono, ma si tratta di rivoluzionare il modo in cui fare impresa e ripensare i suoi processi e prodotti. Il tutto ricordando il ruolo del territorio che, anche per aziende globali e digitali, rimane una dimensione fondamentale in cui costruire il proprio vantaggio competitivo.

          In questo viaggio verso il futuro, è cruciale il contributo del sistema formativo, inteso non solo come università, ma come un complesso unico che va dalla scuola alla formazione professionale e permanente, e che oggi è segnato da pesanti dualismi.  L’obiettivo non è soltanto creare e fornire al mercato del lavoro nuove figure più rispondenti alle esigenze mutevoli e sempre più sofisticate di un mondo produttivo in continua evoluzione, o di promuovere il maggiore accesso a una formazione di ambito STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics), ma anche di formare nuove competenze, quelle soft-skills che oggi in Italia sono poco insegnate e valorizzate. Solo aggiornando il sistema formativo, sarà possibile completare la rivoluzione della classe manageriale e colmare il pesante mismatch di competenze che vede un Paese e un intero continente fare i conti con una disoccupazione a due cifre, mentre troppi posti di lavoro rimangono vacanti.

          Anche il sistema creditizio ha un ruolo fondamentale da giocare. È necessario, da un lato, trovare strumenti che permettano di trasmettere alle imprese i benefici conseguiti grazie al rafforzamento post-crisi del sistema bancario europeo, dall’altro di canalizzare le risorse finanziarie sempre più attraverso i mercati dei capitali.

          Per concludere, qualunque strategia di rilancio del sistema industriale italiano non può prescindere da un comune cammino di sviluppo europeo e non può fare a meno di uno story-telling che, dinanzi a una classe politica spesso disattenta e a un’opinione pubblica talvolta ostile, finalmente rilanci l’idea e l’importanza di fare impresa oggi in Italia e in Europa.