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Attività

Economie globali e imprese italiane: vincere con high technology, creatività e design

    • Bergamo
    • 16 Giugno 2008

          Lo scenario economico globale soffre di una crescita mondiale in rallentamento, degli effetti della recente crisi finanziaria americana, degli squilibri valutari tra dollaro ed euro e di una inflazione in ripresa dovuta all’incremento dei prezzi delle materie prime, non solo energetiche. Il complicarsi degli scenari economici, finanziari e valutari mondiali impone alle imprese italiane e al sistema Paese un diverso approccio per aumentare competitività e crescita, ben sapendo di non poter prescindere dai vincoli di bilancio UE nonché da quelli del Patto di Stabilità e Crescita. Nonostante la performance italiana in termini di crescita del PIL e della produttività del lavoro sia risultata modesta negli ultimi anni, l’export del manifatturiero italiano ha ripreso ad avere buoni risultati soprattutto nel biennio 2006-2007, essenzialmente grazie ai settori tradizionali, le 4A del made in Italy e, tra queste, in particolare la meccanica. Il modello di specializzazione settoriale è rimasto quello dei cosiddetti “prodotti maturi”, ma le imprese hanno innovato nei processi, nei prodotti, nella organizzazione e nei mercati. È cambiato il mix di qualità e prezzi, con una rinnovata enfasi sul brand, sull’affidabilità, sul design, sulla combinazione di forma e funzionalità. Si sono anche affermate varie multinazionali flessibili che sono leader in nicchie mondiali di mercato. Anche questa è una innovazione che evidenzia la forza del “quarto capitalismo” fatto dalle imprese italiane da 500 milioni fino a tre miliardi di euro di fatturato. Questa “mutazione innovativa” è avvenuta proprio mentre molti decretavano la fine della manifattura italiana spiazzata dai Paesi emergenti a basso costo del lavoro. Non bisogna tuttavia eccedere con l’ottimismo perché la competizione internazionale incalza ed è necessario lavorare su almeno due filiere di progettazione e azione: quella imprenditoriale e associativa e quella del sistema Paese. Quanto alla prima, la manifattura italiana ha assunto oggi una nuova autorevolezza, di cui deve essere consapevole, non connessa con il capitalismo della grande impresa prima maniera, ma derivata dalla capacità del nuovo capitalismo – e delle associazioni che lo rappresentano – di innovare e stare sui mercati internazionali. Questo significa anche un mutamento del potenziale dei rapporti con le Università e una possibilità in più per promuovere discipline innovative, in particolare la tecnoscienza. La filiera del sistema Paese, ovvero quella delle politiche economiche, dovrebbe fornire adeguate infrastrutture materiali (sistemi di trasporto ed energia) e immateriali. Tra queste ultime spiccano i processi di formazione e selezione del capitale umano e la promozione di piattaforme tecnologiche (per esempio le nanotecnologie) fondate anche su un partenariato pubblico-privato. Non va, infine, dimenticato il ruolo cruciale del sistema bancario nel supportare i processi innovativi e di crescita delle imprese.

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