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Attività

Cina ed Europa

    • Roma
    • 15 Maggio 2008

          La discussione ha toccato una serie di nodi strategici per il futuro della Cina e per il suo ruolo nel mondo globale; molte delle questioni trattate costituiscono il nucleo fondamentale del numero 41 di Aspenia “I giochi di Pechino” – in edicola dal 10 giugno – dal quale è tratto questo stralcio dell’articolo del Professor Fu Jun: […] ha dichiarato il Premier cinese Wen Jiabao: “La Cina è un paese in via di sviluppo con 1,3 miliardi di abitanti, il che ci impone di mantenere un adeguato livello di crescita economica per sostenere la pressione occupazionale… Dobbiamo pertanto seguire con attenzione i cambiamenti e le tendenze dell’economia, adottare provvedimenti flessibili e tempestivi e mantenere un saldo controllo sulla direzione della politica macroeconomica, per assicurare al paese uno sviluppo rapido e costante, che crei impiego per circa 10 milioni di persone all’anno”. L’attuale modello di crescita cinese pone sfide difficili. Uno sviluppo centrato sulle esportazioni e sugli investimenti fissi implica anzitutto lo sviluppo di sempre nuove industrie per produrre quantità sempre maggiori di beni, la maggior parte dei quali destinata ai mercati esteri. In un’ottica economica, ciò ha reso la Cina particolarmente vulnerabile al rallentamento delle economie straniere, in special modo quella statunitense. Dal punto di vista politico, questo modello di sviluppo ha determinato l’aumento di barriere protezioniste in occidente e allarmi ambientalisti, che pongono ulteriori sfide alla leadership cinese. Dal momento che la crescita cinese è strettamente legata alle esportazioni, il rallentamento dell’economia globale è destinato a ripercuotersi sulla Cina. La questione è: in che misura? Sebbene l’esposizione diretta delle istituzioni finanziarie cinesi alla crisi dei mutui subprime statunitensi sia stata scarsa, soprattutto per via delle restrizioni e dei controlli cui tali istituzioni sono soggette, il maggior impatto della crisi finanziaria internazionale sulla Cina potrebbe prodursi nell’ambito dell’economia reale, specialmente nei settori esposti alla concorrenza internazionale. Le modeste prospettive di crescita negli Stati Uniti comportano una riduzione dei tassi d’interesse – come indicano i sostanziosi tagli ai tassi operati dalla Federal Reserve americana negli ultimi mesi – e, di conseguenza, un indebolimento del dollaro rispetto alle altre valute principali, trend che minaccia di deprimere la domanda statunitense di beni importati. Peggio, lo scoppio della bolla immobiliare americana, unito alla tendenza al rientro dal debito indotta dalla crisi dei mutui subprime e alla flessione dei redditi da lavoro, potrebbe mettere la parola fine alla spesa sfrenata dei consumatori statunitensi, abituati a “vivere a credito”. Se questo scenario si avverasse, l’economia cinese riceverebbe un duro colpo. È sicuramente a questo che pensava il primo ministro cinese quando ha dichiarato che il 2008 sarebbe stato “un anno estremamente difficile” e che “il quadro internazionale si presenta incerto” […]

          Strillo: Cina ed Europa