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Attività

Verso EXPO 2015: l’agroalimentare italiano nei mercati globali

    • Milano
    • 10 Novembre 2014

          Con un fatturato di 132 miliardi di euro e 385mila addetti, l’industria agroalimentare si è confermata nel 2013 un settore trainante dell’economia italiana, dimostrando, nonostante le difficoltà, una buona tenuta anticiclica. Se all’analisi puramente quantitativa si associa la percezione positiva, diffusa soprattutto all’estero, del genio e della creatività italiana, ne emerge un quadro sostanzialmente ottimistico in vista dell’appuntamento con Expo 2015, momento cruciale per rafforzare lo sviluppo del settore e individuare nuove traiettorie di crescita.

          Di fronte alla sfida della globalizzazione, l’agroalimentare italiano è chiamato a ricercare una mediazione proficua fra tradizione e innovazione, artigianalità dei prodotti e sostenibilità economica, in un mercato con regole e tempistiche del tutto nuove. In tale contesto, il Paese deve far quadrato intorno ai suoi punti di forza primari: qualità delle produzioni e unicità dei territori. La varietà del patrimonio paesaggistico e produttivo richiede uno sforzo di sintesi, attraverso la definizione di un brand Italia capace di evocare la straordinaria ricchezza del Paese. Distintività ed eccellenza, dunque, sono i valori chiave per affrontare anche lo spinoso problema della contraffazione e dell’Italian sounding (valore stimato 60 miliardi di euro), non risolvibile attraverso un approccio meramente normativo.

          A livello organizzativo sono da ripensare le strategie distributive, di carattere troppo nazionale, e i vari passaggi della catena del valore, in vista di una nuova alleanza tra agricoltura, industria e distribuzione. Sul fronte pubblico gli interventi dovranno essere tesi a supportare la valorizzazione della filiera agroalimentare come priorità per la crescita del Paese. Da un lato è ormai improcrastinabile una seria politica di messa in sicurezza e tutela del territorio, dall’altro è necessaria l’implementazione di un piano strategico per aiutare le imprese nazionali a superare i gap di competitività: l’insufficienza sistemica di materie prime, la ridotta dimensione delle imprese, l’eccessivo costo del lavoro, dell’energia e dei terreni, l’arretratezza infrastrutturale e la frammentazione della promozione verso i mercati esteri.

          Ma sono i temi dell’educazione e della sicurezza alimentare la vera sfida che Expo 2015 lancia ai Paesi che vi partecipano. In tal senso l’Italia, nazione con il minor numero di prodotti agroalimentari con residui chimici, può avere un ruolo di primo piano nel settore. Su questo punto resta molto da fare per assecondare le potenzialità inespresse. Lo sviluppo di una sana cultura alimentare, infatti, consente di enfatizzare le qualità del made in Italy e di sviluppare stili di vita sostenibili, con ripercussioni positive sul piano sociale ed economico. Coniugare sapientemente gusto e benessere, tradizione e nuovi stili di consumo, è una leva strategica per sostenere le nuove esportazioni: la possibile crescita dell’Italia è proporzionale infatti all’affermarsi di una domanda di qualità, bellezza e cultura, e al diffondersi di un consumatore ad alta capacità di spesa, che già oggi reclama un posto nell’esperienza che l’Italian food offre.

          Se da un lato, a livello globale, un miliardo di persone rischia l’obesità, dall’altro 800 milioni vivono la piaga della denutrizione e, nella sola Italia, 450mila bambini consumano a scuola il loro unico pranzo. In che modo garantire cibo sano e nutriente e attraverso quali politiche tenere a freno l’indice dei prezzi alimentari, in un settore considerato stabile per tradizione, è il discrimen su cui si gioca il successo della grande Esposizione di Milano. Nella misura in cui principi quali la solidarietà e la condivisione consentiranno di sintetizzare economia e valori, mercato e bene comune, si riuscirà a garantire vera sostenibilità ai modelli di sviluppo futuro dell’Italia e dell’intera umanità.