Media 2.0 – Potere e Libertà

Roma
24 Ottobre 2011

Internet ha rivoluzionato il sistema dei media. Ha rivoluzionato la società. Ha cambiato e continuerà a cambiare la politica. La democrazia nei prossimi decenni dovrà reinventarsi a causa di internet: sono entrati nel gioco democratico – e non solo democratico – i social networks, rendendo i rapporti tra sistema politico e sistema della comunicazione ben diversi dai tempi del predominio assoluto della televisione e della carta stampata.

Nella presentazione del numero 54 di Aspenia, svoltasi in collaborazione con Enel e Rai, questi ed altri sono stati i temi all’ordine del giorno per descrivere i grandi mutamenti del sistema della comunicazione e del suo rapporto con il sistema politico e con la realtà economica. Oggi attraverso la rivoluzione di internet e dell’ICT ciascuno può diventare produttore di informazione: sono le immagini dei telefoni cellulari a far conoscere al mondo la rivolta in Iran o lo scempio del corpo di Gheddafi, come sono stati i social network a fare da collante alle rivolte delle primavere arabe.

Quello di oggi è – come sottolineato nel numero di Aspenia – “il tempo di Steve Jobs”, il geniale inventore della Apple scomparso recentemente. In un’intervista andata in onda durante il dibattito il Presidente di The Aspen Institute Walter Isaacson, unico biografo ufficiale di Jobs, ricorda come la sua creatività non si fermasse soltanto alle geniali intuizioni di natura tecnologica, ma si allargasse ad una precisa idea di estetica che ha permesso all’azienda di Cupertino non solo di confezionare prodotti altamente teconologici, ma di presentarli con una veste estetica eccellente che, nella visione di Jobs, non è soltanto forma, ma diviene sostanza. Per Isaacson l’era di internet aiuta la democrazia, come dimostrano i successi nelle rivolte arabe. Certo viene messo in discussione il sistema della comunicazione nel suo insieme: i giornali americano perdono copie, alcuni chiudono.

È la fine del giornalismo nato da Gutemberg? È l’ora dei nativi digitali? Non esattamente, secondo molti relatori: il giornalismo tradizionale sopravviverà, sia esso di carta stampata che televisivo. Dovrà però adeguarsi alle nuove tecnologie e ai nuovi parametri. I giovani giornalisti americani si formano ormai su Internet, comunciano a lavorare nei giornali online. Molti giornali americani hanno dovuto chiudere i battenti. Le grandi corazzate come The New York Times e The Wall Street Journal hanno sì avuto nel biennio 2008-2010 grandi difficoltà, ma ora stanno riemergendo dalla crisi attraverso l’ottimizzazione dei loro prodotti online, che cominciano ad essere a pagamento. Perché l’informazione di qualità online si deve pagare: molti lo sostengono, anche se è ancora difficile far passare nella rete, nata gratuita, questo concetto di commercializzazione dei prodotti editoriali. Eppure il futuro andrà in questa direzione: il giornalismo dell’era di internet, se non vuole morire, deve essere di qualità e a pagamento. Perché se è vero che la rete è ormai la prima a “stare sulla notizia” non va disperso il patrimonio di professionalità degli “old media” che – come sostiene Bill Schneider, guru dell’analisi politica per la CNN in un’intervista mandata in onda nel dibattito – mantengono ancora a tuttti gli effetti il dovere di interpretazione delle notizie, di approfondimento delle stesse a garanzia di un lavoro che – oltre ad esecitare la tradizionale funzione di “watch dog “ del potere – deve evitare al cittadino il pericolo di confondere, informazione e gossip, notizia e “bufala”.

L’era di internet, infine, impatta su altri due aspetti fondamentali per l’economia e la società: il rapporto con la privacy e l’evoluzione delle operazioni di comunicazione e marketing delle aziende. L’era post-comunicazioni di massa e dei social network diviene l’era della “conversazione” dove il privato esibito diventa pubblico e viene messo a confronto con un privato altrui. Non è ancora violazione della privacy, ma certo apre scenari complessi per la normativa. Le aziende dal canto loro usano i social networks per testare l’efficacia di un prodotto, ma possono anche subire vere e proprie campagne contro. E devono imparare a gestire consenso e dissenso. La stessa cosa vale per il sistema politico di oggi e del futuro. Parafrasando un famoso film di anni passati, icona della rappresentazione del potete dei media, si potrebbe dunque concludere : “è Internet, bellezza”.

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